Sull’ottovolante di Vinicio Capossela parla del suo concerto
Notizia pubblicata il 30 novembre 2008
Categoria notizia : Musica
CI SONO certe canzoni che camminano da sole, brani e dischi che hanno già, dentro, uno spettacolo pronto per essere messo in scena. E’ così Da solo, il nuovo album di inediti di Vinicio Capossela, brani scritti di getto nel giro di un paio di mesi e registrati tra Milano e New York. Un album che lo stesso Capossela ha descritto in poesia, parlando di canzoni per pianoforte e per strumenti inconsistenti.
A pochi giorni dall’uscita di Da solo, Capossela è già in tournée con uno spettacolo teatrale folle, divertente, emozionante, forte e fragile come cristallo, come il suo autore, come un circo fatto di carta. L’ottovolante di Vinicio si ferma al teatro Duse di Bologna, dal 3 al 6 dicembre, sono invitati tutti coloro che hanno ancora il cuore puro di un ragazzo e l’anima pronta a colorarsi.
E’ LO STESSO musicista a spiegare quanto New York abbia influenzato questo lavoro, questo show, questo suo momento: «L’America è un fondale, come il side show che era una branchia del circo da campo, dove non si esibivano gli acrobati ma gli esseri a mezzi, le stranezze del creato, i dimenticati da Noè. Davanti a un telone dove sono illustrate le attrazioni c’è un imbonitore che sa anche sputare il fuoco e tutto lo spettacolo è il suo invito, la sua declamazione, dietro magari non c’è niente».
Come mai ha deciso di vivere questo show spettacolare nello spazio di un teatro piuttosto che nei palazzetti?
«Dentro il teatro c’è appunto il solo show, lo spettacolo delle canzoni da sole soltanto per show. Dunque ci sarà fin dall’ingresso il mago Cristofer a incantarvi e irretirvi, e la donna tatuata, sputatrice di fuoco e si entrerà dentro pagando un biglietto come per andarsi a fare un giro sull’ottovolante».
Sul palco cosa sono diventati gli strumenti inconsistenti dell’album?
«Si aprirà il sipario e apparirà il più grande organo giocattolo del mondo, e le sue canne colorate, e ci sarà un baro di carte al contrabbasso, una sezione dell’esercito della salvezza agli ottoni,un suonatore di spettri ad onde elettromagnetiche. Il ragazzo prodigio suonerà l’autoarpa e le chitarre sdraiate, e appariranno nelle loro gabbie il bambino ciclope e il maiale a due teste, e il gigante e il mago in carne e ossa.
E allora il cantore con la faccia dipinta e stravolta di storie andrà al pianoforte di legno e canterà le sue canzoni spaiate, inni, preghiere e ballate solitarie che non vi lasceranno mai soli, vi prenderanno anzi sottobraccio fino a portarvi al cielo sopra la mensa pubblica, dove non c’è disaccordo e forse ci sono, messe da parte, le cose migliori che vi siete salvati, l’anima, se ce n’è ancora».
PEZZI DI VITA, insomma, colori folli e intensi tanto da accecare, da togliere il fiato. Ma lui, Vinicio, continua a raccontare e ogni risposta è come la pagina di un libro e lo vedi già lo spettacolo.
Come vivono gli spettatori queste magie, queste esplosioni di gioia intensa?
«Alla fine entreranno anche loro nella gabbia e potranno bere il bicchiere della staffa appoggiati al piano da saloon, il piano senza né capo né coda che serve a guardarsi in faccia , quello delle confidenze insomma, fino a che nevicherà, l’inverno vi sarà restituito e si potrà finalmente chiudere gli occhi e ritrovarsi col gigante e il mago. Si chiuderà il sipario e si potrà tornare ad essere finalmente increduli e scettici sulle strade del mondo. Che tanto è solo show».
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