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Vincenzo Cammerucci lo Chef di Squisito
Notizia pubblicata il 29 gennaio 2010
Categoria notizia : Eventi
Dove va la cucina italiana? Lo abbiamo chiesto a Vincenzo Cammerucci, chef stellato Michelin del ristorante Lido Lido di Cesenatico (www.lidolido.com) e da anni uno dei grandi protagonisti del Déjeuner sur l’herbe di Squisito!
«Ma c’è ancora la cucina italiana? - risponde con un pizzico d’ironia lo chef marchigiano -. La nostra cucina nazionale ha una forte identità, è vero, ma poi cambia da regione a regione, con una varietà e una ricchezza di sfumature che non ha eguali al mondo. Sono cambiate le tecniche di preparazione dei piatti, risentono di altre esigenze e culture, il mondo si è fatto più piccolo. Certo, le nostre tradizioni rimangono come importanti punti di riferimento. Di sicuro noi italiani abbiamo prodotti e materie prime che tutti ci invidiano. Tornando alla domanda penso che si stia vivendo un momento di transizione, non vedo particolari tensioni in avanti, si cerca piuttosto di capire cosa succederà, si aspetta che queste turbolenze passino per poi magari ripartire con le avanguardie.
In momenti come questi forse più che la novità ad ogni costo, paga la riscoperta del “classico”, l’espressione di un determinato territorio. In un certo senso può essere una scelta rassicurante. Il momento è di grande confusione, non strettamente in senso negativo, ma di caos si tratta: c’è tanta informazione, di cucina ne parlano ovunque e l’offerta è smisurata. A far da mangiare ci provano in tanti, improvvisando, per poi magari chiudere dopo un anno.
Per chi sta sul mercato seguendo le regole i tempi sono durissimi. Tasse, contributi, scadenze varie, controlli di ogni genere, rendono difficile lavorare. Leggo la notizia che Adrià chiuderà “El Bulli”. Crisi di identità o di idee? Non lo posso sapere. Osservo e penso che la pressione è altissima, gli chef salgono sul palcoscenico ogni sera, tenere il ritmo è difficile e le aspettative ad un certo livello non fanno che crescere in modo esponenziale. Pensiamo agli attori, vanno in scena con uno spettacolo per un certo periodo di tempo e poi, meritatamente, riposano. In cucina purtroppo non funziona così».
E la sua cucina invece dove va?
«Personalmente ho sempre rispettato molto le materie prime e i loro sapori, io vado in questa direzione. Sono, in materia di gusto, un “Marchesiano”, preferisco sottrarre e alleggerire che aggiungere. Penso che si debba sempre riconoscere il gusto di ciò che si mangia, sono per i prodotti espressione del territorio e di una particolare stagione. Sono per i ristoranti dove il cliente possa gustarsi il suo pranzo tranquillo e rilassato, senza particolari pressioni di servizio, senza il timore di essere giudicato dal personale di sala per come usa e sistema nel piatto le posate. Guardo alla realtà che ci circonda: da due anni e mezzo i nostri prezzi, compresi quelli del vino, non hanno subito ritocchi».