Musica Forli. Uri Caine, il camaleonte che sposa Verdi ai Beatles
Notizia pubblicata il 19 aprile 2009
Categoria notizia : Spettacoli
ISTRUZIONI per l’uso: non chiedete quale genere di musica suona Uri Caine, e soprattutto non chiedetelo a lui se per caso oggi ne incrocerete la corpulenta figura vagare spaesata per le strade di Forlì. Non passa inosservato il gigante di Philadelphia, anche per la sua musica, inetichettabile, onnivora, indefininibile, ondivaga, cangiante.
Il 53enne pianista americano, stasera in concerto al teatro Fabbri ((ore 21, biglietti a 15 euro, info dalle 20.15 0543-712168, www.amicidellarte.info), impegnato in un recital di solo pianoforte, è nato per sorprendere: ama ogni tipo di musica, classica, brasiliana, jazz, pop, opera. Solo che la ama così tanto che alla fine se la rilegge a modo suo, novello Cagliostro. E allora guai ad attendersi un recital pianistico di stampo classico, note delicate, sognanti, Chopin, Debussy, Liszt...
URI CAINE il pianoforte lo percuote quasi come un tamburo: le note zampillano come lava, sgorgano impetuose, travolgenti, assolutamente incontrollabili. Non c’è traccia di lirismo in quei tocchi virili, la medodia è denudata. Il suo stile trasvervsalissimo può non piacere, anzi, difficilmente suona gradito ai melomani, sicuramente spiazzati dal suo ultimo cd, ‘The Othello syndrome’, dove l’irruzione nelle sacre arie di Giuseppe Verdi prende poi vita in un risultato talmente sorprendente, fra accenni a be bop e Rhythm and blues, da risultare potenzialmente destabilizzante per i puristi.
Il fatto è che Uri Caine non è un pianista comprensibile al primo ascolto. Non attendetevi la fluidità melodica di Lodovico Einaudi o i quadretti immaginifici di Michael Nyman. Caine ama regolarmente scegliere la strada che porta in salita, per questo non ha venduto vagonate di dischi, ma anche e soprattutto per questo è adorato da stuoli di discepoli alla ricerca di qualcosa di nuovo nel panorama stereotipato di oggi. Il suo filone è post-moderno, partito dal jazz con le ispirazioni kletzmer di Don Byron per passare poi a Dave Douglas, è tracimato in ogni stile, demolendo recinti su recinti forte di un eclettismo effervescente e incontenibile.
DOPO L’ALBA JAZZ si è cimentato anche lui, come Keith Jarrett, nella rilettura delle ‘Goldberg variations’ scritte da Johann Sebastian Bach tra il 1741 e il 1745, ha poi sposato le sonorità brasiliane nel cd ’Rio’ poi ha cambiato completamente orizzonti fondendo frammenti drum ‘n’ bass con la fusion jazz, nel rumorosissimo album ‘Bedrock’. Caine è nato per spiazzare gli ascoltatori, magari anche per scandalizzarli, se non sono adeguatamente preparati al personaggio.
Ma a lui basta poco, dategli un pianoforte e lo renderete felice, accadrà anche stasera al teatro Fabbri, dove suonerà di tutto: alcuni brani da ‘The Othello syndrome’ ma pure stralci jazz di Fats Waller, pillole classiche di Mozart e Mahler e innocenti carezze pop dei Beatles. Già i Beatles. Caine si inchinò a loro nel suo cd ‘Solitaire’, di solo pianoforte e stasera ne proporrà proprio la ‘Blackbird’ della coppia Lennon & McCartney, giusto per sorprendervi. Perché il vero alchimista non prende mai sonno.
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