Gregory a Forlimpopoli ha parlato di gusto e cucina tradizionale
Notizia pubblicata il 24 giugno 2009
Categoria notizia : Eventi
NEL PAESE che si è messo in testa di diventare il centro cultural-gastronomico d’Italia – a Forlimpopoli nacque quasi due secoli fa Pellegrino Artusi – hanno accolto lunedì Tullio Gregory, professore di Storia della Filosofia alla Sapienza di Roma.
«Dice Olindo Guerrini nella quarta edizione del libro dell’Artusi — ha ricordato il docente —
“Due sensi permettono all’uomo di sopravvivere: quello di conservazione e quello di riproduzione: all’uno serve il tatto, all’altro serve il gusto. Il piacere della conversazione ha nel gusto il suo strumento. Perché mai chi gode vedendo un bel quadro o sentendo una bella sinfonia è reputato superiore a chi gode gustando un’eccellente vivanda? Guerrini incolpa “gli strizzacervelli tutti nervi, che calano ogni giorno di peso, artisti pieni di ingegno e di rachitiche, che non si nutrono ma si eccitano e si reggono a forza di caffè, alcool e morfina. Non vergognamoci di mangiare il meglio che si può, e ridiamo il suo posto anche alla gastronomia. Anche il tiranno cervello ci guadagnerà, e questa società malata di nervi finirà per capire che anche in arte una discussione sul gustare l’anguilla vale una dissertazione sul sorriso di Beatrice».
STABILITO il principio, Gregory ha dettato le sue regole in cucina: «Esigo che il cuoco conosca le leggi fondamentali della cucina: i veri creativi, credetemi, sono pochi. Non si innova dall’oggi al domani: non è un caso che i ristoranti detti creativi cuociono poco, fino a negare la distinzione tra cotto e crudo, cioè fra cultura e natura: così si torna a uno stadio primitivo, quello del mangiare crudo».
E NEL capitolo delle regole inserisce anche alcuni luoghi comuni che vanno sfatati: «Basta col mito del rosso a temperatura ambiente! Ambiente è la cantina, quindi 12 o 14 gradi al massimo. I formaggi poi li servono sempre freddi, da frigorifero: non è ammissibile. La Francia da questo punto di vista è molto più rigorosa, c’è più rispetto verso il cliente e verso il cuoco. Un ragù di salsiccia, messo in un piatto freddo, diventa immangiabile in un attimo».
CHIARAMENTE, alla luce di un’impostazione del genere, Gregory boccia anche i piaceri più comuni, come per esempio le spaghettate: «Non le ho mai fatte. Il convito è una cosa seria, si deve essere in pochi… è impossibile nelle case moderne, con le pentole a dimensione subumana, cuocere bene spaghetti per dieci persone». E la dimensione dilettantistica va bocciata anche riguardo al vino: «Non è obbligatorio bere, ma se devi bere, allora bevi bene! Abbi rispetto. E siccome sono competenze che si acquisiscono, allora bisogna usare i manuali».
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