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Da domani in azione i selecacciatori
Notizia pubblicata il 15 agosto 2009
Categoria notizia : Fatti Curiosi
NEL MEZZO dell’estate, arrivano le ronde armate. Tranquilli, non c’entrano i migranti, al massimo si parla di migratori. Entrano in scena i cacciatori, ormai divisi per specialità: caccia di selezione, cinghiale, stanziale e via dicendo
Si comincia il giorno di Ferragosto — e qualche intralcio alla stagione turistica è da mettere in conto — con la caccia al capriolo. I 658 selecacciatori della provincia, ognuno assegnatario di una zona, potranno sparare da domani al 6 settembre (capriolo maschio), dal 25 gennaio al 7 marzo (femmine e piccoli) e dal 2 al 20 giugno (maschi). Secondo i piani, potranno abbattere 2.529 capi, ovvero il 10% della popolazione censita. Dal 2 settembre al 19 ottobre, e dal 27 dicembre al 31 gennaio, nell’Alto Cesano si potrà sparare anche al daino, ma qui i capi da abbattere sono solo 97. Certo, la caccia al capriolo in pieno agosto, e con gli animali ancora in riproduzione, non è il massimo. In Provincia se ne rendono conto: «Probabilmente con il prossimo calendario alcune date verranno anticipate», fa sapere il responsabile dell’Ufficio caccia Goffredo Pazzaglia.
PER LA CACCIA diciamo così tradizionale, la preapertura a tortora, colombaccio, merlo e ora anche tordo (deroga concessa dalla Regione) è fissata per il 2 settembre. In provincia di Pesaro e Urbino c’è la novità dei 3 giorni (2-5-6- settembre), con alcune limitazioni. Vedi i capanni: solo in tela per tutto settembre. Per la stanziale (lepre e fagiano), come negli anni scorsi, apertura il 20 settembre. Un’altra novità riguarda il cinghiale. Se la Regione aveva previsto 90 giorni + 6 di calendario, la Provincia di Pesaro e Urbino ha riportato il tutto a 90 giorni.
Periodo: dal 25 ottobre al 24 gennaio. Il tutto condizionato a una delibera che deve ancora essere approvata, puntualizza Pazzaglia. Contro il suino più o meno selvatico sarà scatenato... l’inferno: 10.000 i capi da abbattere. Più quelli da stanare all’interno delle aree protette (zone di ripopolamento e cattura, demani, oasi. Dove «sarà rafforzato il controllo. Perché è proprio lì che il cinghiale si rifugia». Modalità: «In alcune di quelle aree sarà consentito cacciare anche alle squadre, ma sempre in presenza di una guardia provinciale».
NEL NUOVO calendario provinciale non ci sono zone di ripopolamento e cattura che si riaprono, nè di nuova istituzione. Restano le circa 60 in vigore per un totale di 25.000 ettari; insieme alle oasi (10.000 ettari), al demanio (10.000), ai centri di riproduzione della selvaggina (3.000), ai fondi chiusi (3.000) e ai parchi e riserve (10.000), il territorio precluso alla caccia è di 60.000 ettari, il 25% del territorio agro-silvo-pastorale. Fatte salve le eccezioni per il cinghiale. In altre zone per così dire protette, come Sic (Siti di interesse comunitario) e Zps (Zone di protezione speciale) si può invece cacciare, secondo limiti e modalità di un calendario evidentemente elastico. «Questa è la legge», si giustifica Pazzaglia. Aggiungendo che «i 50.000 ettari di Sic e Zps sono un’anomalia tutta pesarese».
VALMARECCHIA. «Il giorno dopo che la secessione sarà legge sulla Gazzetta ufficiale — annuncia Pazzaglia — quello smetterà di essere territorio dell’Atc Pesaro 1». La Provincia perderà circa 600 cacciatori, 20.000 ettari di superficie cacciabile e 9 aziende faunistico venatorie. Se ne andrà anche una parte del mondo venatorio da sempre critica con la Provincia di Pesaro e Urbino.
A quel punto saranno ridotti anche gli Atc? «Gli Atc per ora rimangono due. Se poi intervenisse la modifica della legge regionale, potrebbero scendere a uno per provincia. E sarebbe la soluzione più logica: più governabilità, più risparmi, migliore programmazione». Sarebbe anche più logico fare basta con i ripopolamenti. In barba a ogni serio criterio di gestione, gli Atc ancora commerciano con lepri e fagiani. Pazzaglia conviene. «Oltretutto ci sono forti rischi di ibridazioni. Noi ci battiamo ad esempio contro l’immissione della pernice rossa, che si ibrida con la nostra coturnice autoctona. Bisogna arrivare ad abolire i ripopolamenti».
Sì, ma non è forse la Provincia a gestire il centro di allevamento dei fagiani sul San Bartolo? «Il presidente Ricci sta valutando l’ipotesi di cederlo». E Ricci conferma. Anche perché «è una delle voci in rosso del bilancio».
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