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Ricerca e alta tecnologia Operativa la 'rete' emiliana

Notizia pubblicata il 12 novembre 2009



Categoria notizia : Fatti Curiosi


Ben 130 milioni di investimento per una rete di tecnopoli che punta a far fare un ulteriore salto di qualità alla ricerca emiliano-romagnola. Coinvolti, oltre agli enti locali, le università, l'Enea e il Cnr. Da ieri il percorso che entro il 2013 porterà alla costruzione dei tecnopoli che formeranno la nuova Rete per l'Alta Tecnologia in tutta l'Emilia Romagna è entrato nella sua fase operativa: i progetti definitivi sono stati approvati, gli accordi con gli enti di ricerca sono stati firmati e, soprattutto, i primi fondi necessari sono stati stanziati dalla Regione.

INVESTIMENTI IN RICERCA Si tratta di 130 milioni di euro, su un totale di 234 milioni che arriveranno anche dalle università (90 milioni) e dagli enti locali che contribuiscono a mettere a disposizione aree e infrastrutture (14 milioni). Una somma sufficiente per parlare di «operazione ambiziosa», soprattutto in tempi di crisi economica, ricchi di tagli e poveri d'investimenti. E per condurre da subito ad oltre cinquecento nuovi lventurelli@unita.it contratti di lavoro per ricercatori della durata di almeno tre anni: saranno rinnovati i circa 400 in scadenza nei prossimi mesi, e altri 130 saranno attivati entro Il 2010.
«Non solo garantiamo all'Emilia Romagna un modello di sviluppo e di ricollocazione industriale fondato sulla ricerca e l'innovazione» ha sottolineato il presidente della Regione, Vasco Errani, «ma garantiamo anche prospettive ai giovani ricercatori, che potranno costruirsi un proprio percorso professionale all'interno di una precisa strategia d'impresa». La realizzazione dei dieci tecnopoli - le infrastrutture destinate ad accogliere 46 laboratori e 7 centri per l'innovazione, che a regime occuperanno 1.800 ricercatori - può dunque cominciare: le tempistiche di realizzazione non sono ancora definite, ma la tabella di marcia impone ai cantieri di chiudere entro il 2013. E ci sono alcune realtà in cui i laboratori sono già all'opera, come l'Istituto Rizzoli di Bologna che ha inaugurato la scorsa settimana i nuovi centri di ricerca.
Gli ambiti di studio e sperimentazione vanno dall'alta tecnologia meccanica ai nuovi materiali, dall'agroalimentare alle costruzioni, dalle scienze della vita all'energia e all'ambiente, dall'ict al design. «Questa è senza dubbio la più grande rete di ricerca industriale del paese sorta dal basso» ha rivendicato l'assessore regionale alle Attività produttive, Duccio Campagnoli. A Bologna il tecnopolo si sdoppierà in due sedi - all'ex Manifattura Tabacchi (100mila metri quadrati) e al Cnr - e si occuperà soprattutto di ambiente, nanotecnologia, medicina rigenerativa, e automazione (tra i partner anche l'Enea e l'ateneo), oltre ad ospitare il coordinamento della rete realizzato da Aster. A Modena i ricercatori saranno al lavoro soprattutto sui nuovi materiali, a Reggio Emilia su eco-building e agroalimentare, mentre a Parma porterà avanti progetti di farmaceutica e radio frequency identification.
Il tecnopolo di Piacenza, promosso dal Politecnico e dall'Università cattolica, si occuperà di macchine utensili ed energia, quello di Ferrara di biotecnologie e vibroacustica e quello di Forlì-Cesena di avionica e infomobilità. Rimini punterà sulle tecnologie per la moda e Ravenna-Faenza sull'ambito nautico. NUOVA POLITICA INDUSTRIALE Dopo dieci mesi di lavori preparatori e protocolli, Vasco Errani ha così potuto dirsi «orgoglioso di un sistema che sarà il nuovo motore dello sviluppo del paese», grazie ad una «nuova politica industriale» che inserisce l'Emilia Romagna «nella rete delle nuove eccellenze d'Europa». Ma, per farlo, è necessario «uscire dallo stagno in cui si trova l'Italia e dimostrare coi fatti che è possibile farlo». Inevitabile, quindi, una stoccata al governo: «Serve un'operazione di verità, abbiamo bisogno di sapere quante risorse ci sono per la ricerca e l'innovazione. Non si può continuare col gioco delle tre carte».