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Mille Miglia: glamour, olio bruciato e follie

Notizia pubblicata il 18 novembre 2009



Categoria notizia : Sport


Lo speaker Barbi racconta l'epopea dei motori e gli intrecci con le passioni della città - La corsa passava davanti a casa l'altoparlante diceva: Ascari a Pontelagoscuro Tagliammo in due un'auto di Nuvolari

Odora di contesse, balle di paglia, fanatici di pistoni e angeli d'argento, ricconi coperti di olio di ricino bruciato. E' la storia della Mille Miglia e dei ferraresi che l'hanno fatta grande, e risulta quasi naturale averne girato l'ultima pagina in questa èra di bit ed emozioni sintetiche, oltre che di bolletta dura. Ma le passioni di un piccolo-grande mondo che viveva per quelle notti piene di glamour e adrenalina non si cancellano con un dispetto, come testimonia Oreste Barbi, il cantastorie di questa favola moderna che d'ora in poi sarà raccontata in dialetto bolognese.

Chi sono i papà ferraresi della Mille Miglia moderna?
«Siamo stati noi, il gruppo dell'industriale di Ponte, Leone Teodori, e di Stefano Arborini. Quest'ultimo aveva una delle prime officine d'auto d'epoca d'Italia, prima in via Ercole de' Roberti e poi in via Due abeti, e noi ci trovavamo lì, a chiacchierare, ammirare questi modelli da re, e sognavamo. Ma questo è stato nel dopoguerra, prima ci sono un'infinità di storie da raccontare sulle radici del rapporto tra le auto storiche e la città».
Da quale cominciamo?
«Da quelle che mi raccontava lo chaffeur della contessa Massari, la quale ai primi del '900 aveva una casa a Cortina: quando scoppiò la guerra la nobildonna ci andava cinque o sei volte l'anno, ed erano viaggi impegnativi perchè non c'era tanto asfalto. Quando l'auto bucava, il problema era scavare per giungere alla gomma, perchè l'auto sprofondava, carica com'era. Una volta prese contro un carro tirato da un cavallo, che stramazzò a terra: il traffico era inesistente, la contessa disse di far inversione e indennizzò il proprietario del cavallo con 2 lire. Bè, facendo pratica in questa maniera lo chaffeur, che si chiamava Mistri, divenne uno dei primi vulcanizzatori della zona: un giorno soccorse un principe russo che girava con una Zust da sogno, e venne ricompensato con 5 lire. Lui fu anche uno dei primi a saper guidare il "18 Ter", il camion della Fiat, che il padre di Roberto Baruzzi, il concessionario, aveva scoperto dopo che era stato sotterrato per sottrarlo all'esercito».
E lei? Come nacque la sua passione?
«Mio padre è mantovano, persi mio fratello a 22 anni, parà della Folgore a El Alamein. Lavoravamo nei trasporti: mio padre prese una Bianchi 59 e la segò nella parte dietro per farla diventare un camioncino, poi una 1750 Alfa Romeo che era appartenuta a Tazio Nuvolari e segò anche quella. Avevamo anche un furgone militare, un Carretta a 4 ruote sterzanti. Andavamo al cimitero di Mantova alla tomba di Nuvolari, quella con il volante sopra. Ci trasferimmo a Ferrara, in via Oroboni, e la Mille Miglia passava proprio lì, dietro il distributore della Ozo di via Lavorieri. Mi ricordo ancora l'altoparlante del Doro che diceva "sta transitando in questo momento Ascari a Pontelagoscuro". Le auto più belle passavano alle 5-6 del mattino, e noi le aspettavamo. Negli anni '50 c'era anche il circuito motociclistico del Doro, fatto con le balle di paglia, e io scappavo da casa per andare a vedere le corse: il circuito passava davanti all'Imi, arrivava fino alla Montecatini e poi tornava indietro, passando per la mitica curva del canile del Doro. Lì si rovesciò uno dei piloti più importanti della Mille Miglia, Consalvo Sanesi, che si fece un gran male e rimase quattro mesi ricoverato all'arcispedale Sant'Anna. Me lo raccontò lui stesso, l'episodio, quella curva gli rimase impressa nella mente. Appena fu possibile comprai la Bristol che arrivò 13esima del '49 ed entrai anch'io in quel mondo».
Con quella andava all'officina di Arborini.
«Era diventato una specie di bar ritrovo per tutti noi, lui aggiustava le auto con il fil di ferro. Un giorno arrivò una "chicca" del conte Malvasia, una Rolls Royce Silver Shot, dove d'abitudine viaggiavano sette persone. La contessa Malvasia era proprietaria della tenuta di Zenzalino, durante la guerra aveva nascosto lì l'auto: la scheggia di una bomba aveva danneggiato solo un parafango. Qualcuno rubò l'angelo d'argento ma tramite Marcello Sacerdoti riuscimmo ad avere un ricambio da un ebreo di Londra. Sul radiatore di quelle auto si poteva mettere una monetina di taglio, stava in piedi anche a motore acceso».
Da chi era composto quel gruppo di appassionati, a parte voi "soci fondatori"?
«C'erano Andrea Lodi, avvocato con la passione dell'antiquariato; Muratori, il figlio del professore. Poi Beppe Patitucci, che aveva una Mga, e Alberto Rossatti, l'attore. Beppe Iannucci, invece, era più interessato alle moto. Ricordo anche l'industriale ferrarese Govoni, proprietario della Prastel di Bologna, un grande appassionato».
La storia moderna della Mille Miglia a Ferrara, come comincia?
«La gara vera e propria venne sospesa dopo la tragedia di Guidizzolo del '57, quando la Ferrari del conte De Portago Cabeza de Vaca, a causa di una gomma dechappata, uscì di strada falciando un'intera scolaresca. Tra parentesi, la ricostruzione ufficiale parla di usura della ruota a furia di colpire gli "occhi di gatto", i bulbi di ottone che all'epoca delimitavano le carreggiate, ma in realtà il conte aveva colpito un pezzo di lamiera poco prima dell'incidente. Nel 1972 l'industriale padovano Giulio Dubbini organizzò un raid con auto storiche da Padova-Roma-Padova: si dormiva a Roma, si viaggiava tutta la notte. Dubbini poi regalò il marchio all'Aci di Brescia, e lì ricominciò tutto. Ferrara era sempre nel tragitto, a Tresigallo, tra parentesi, si organizzò il primo mercatino delle auto d'epoca che poi Imola ci scippò... Le prime edizioni erano pionieristiche, ne ricordo una assieme a Roberto Baruzzi su di una Balilla Coppa d'oro, e la cadenza era biennale. Nacque l'Officina ferrarese con Amedeo Ciccotti come presidente, la corsa divenne anche una moda. In Comune si diede molto da fare Alberto Vergine».
Aneddoti da quel mondo e di quegli anni ruggenti?
«Quanti ne vuole. Ricordo la storia bestiale di Maurizio Grazzi, della ortopedica Sant'Anna, che si vide pressare a cubo una Maserati A 165 da 1 milione di euro, in gran parte autentica e per il resto ricostruita con pezzi comprati da chi aveva acquisito il museo Maserati, per un'iniziativa giudiziaria della Ferrari. In corsa, mi ricordo l'esperienza del '72 quando a forza di respirare olio di ricino bruciato dalla Bmw Veritas che ci precedeva (era quello l'odore "vero" della Mille Miglia), ci siamo praticamente intossicati. A Radicofani, di notte, nevicava e faceva talmente freddo che usavamo lo scotch per sigillare le maniche dei giacconi anche se l'abitacolo era fatto in maniera che io e Baruzzi ci dovevamo praticamente abbracciare. Non era mica una corsa semplice, era un continuo superarsi e c'era l'asta di bachelite per misurare il livello della benzina. Mi ricordo il giornalista inglese che inventò il road book e doveva stare lì a controllare continuamente i passaggi, vomitò diverse volte dentro e fuori dalla vettura. Poi, ricordiamo che la pipì si doveva fare a bordo.
Tra gli appassionati ferraresi si racconta ancora di quella volta che Strozzi, emozionato e pieno d'adrenalina, cominciò ad accelerare lungo viale Rebuffone, con il risultato di fondere il motore lì, in mezzo a Brescia».
Il suo ricordo-simbolo di questa epopea?
«Non potrò mai dimentare la Mercedes 300 srl con la quale Stirling Moss fece il record della gara, con una media pazzesca (ufficialmente si riportano i 155 chilometri orari, su strada, ndr). Era il '55, era un sogno».
Nell'epoca "moderna" lei diventò lo speaker ufficiale della tappa di Ferrara, tutti la ricordano in grado di ricoscere un'auto storica al primo sguardo. Che riflessioni le hanno ispirato le vicende più recenti?
«Una tristezza infinita, non mi viene neanche da commentare certe dichiarazioni, tipo quelle dell'assessore Maisto. La storia della Mille Miglia a Ferrara non può finire così, davvero». E ieri è arrivata la notizia che anche Ravenna è stata "saltata".

Foto by http://www.flickr.com/photos/pietro58/