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Acume e intelligenza per Elio Gian Burrasca. Sessanta opere di Annigoni esposte a Fano

Notizia pubblicata il 10 dicembre 2010



Categoria notizia : Spettacoli


Lo cerchi e non lo trovi. Ti sfugge, s’infratta… poi alla fine, quando gli chiedi che fine aveva fatto, si scusa candido: “Mah, non mi avevano dato le informazioni giuste, su questa intervista”. Poi, uno se uno si chiede perché proprio lui, a interpretare Gian Burrasca… la risposta è: ma perché lui “è” Gian Burrasca. Trasgressivo sempre, discolo, birichino, un tantino insolente, nelle sue canzoni che arrivano a scatenare le ire di questa o quell’altra corporazione, religione, entità: Elio (proprio lui, quello di “Elio e le Storie Tese”) sembra calato a piombo nella parte.

Al punto che se prima avevamo un dubbio circa l’autore di questa pensata, di ripescare le canzoni di Nino Rota scritte per il celeberrimo sceneggiato della nostra infanzia interpretato da Rita Pavone, se cioè l’idea sia stata di Lina Wertmüller o sua, be', non c’è nessun dubbio. “L’idea è stata mia, assolutamente! Otto anni fa collaborai con Lina per una sua commedia. Stando insieme per qualche mese, poiché sono curiosissimo, ho indagato sulla sua vita precedente e ho scoperto che lei aveva scritto le parole delle canzoni di Nino Rota per Gian Burrasca, oltre a esserne autrice della sceneggiatura e della regia. Così, maturato il progetto, gliel’ho proposto l’anno scorso: mettere in scena, portare a teatro quelle canzoni, più per un omaggio al grandissimo compositore che al libro. E comunque mi sembrava giusto che anche quel testo venisse veicolato, per così dire, di nuovo, verso un pubblico che forse non ne aveva sentito parlare”.
E infatti è per i grandi, ma seguitissimo anche dai bambini, il Gian Burrasca che arriva ad Ancona, alle Muse, domenica alle 18: una pomeridiana che la Fondazione del Teatro delle Muse ha voluto fortemente, quasi un regalo di Natale per il suo pubblico.
“Leggo brani del testo di Vamba, scelti per me da Lina Wertmüller, a collegare le canzoni tra loro. Né un concerto, né un reading, neanche un musical, ma tutto insieme, con brio e allegria”.
Insomma, un one man show!
“Ecco, brava, proprio, anche se con me, in scena ci sono questi cinque magnifici musicisti classici, gli stessi che mi hanno accompagnato per lo spettacolo dell’anno scorso sul Futurismo”.
Che le piace del Futurismo?
“Quella idea che è anche mia di usare le parole, più che per il significato, per il suono, per la forma che hanno. E lo spettacolo piaceva: tant'è vero che anche ora che il centenario del Manifesto del Futurismo è finito, continuano a chiedercelo”.
Uhm, Gian Burrasca, Futurismo… ci siamo: declinazioni diverse della trasgressione, no?
“Ovvio. E Gian Burrasca mi è parente, proprio in tema di trasgressione. Infrangere i limiti, come fanno i bambini, mi piace molto…”.
E visto che siamo in tempo di Natale, come le era venuta l’idea di Baffo Natale?
Sghignazza. “Una follia controllata come un’altra, cercando un aspetto del Natale che non fosse il solito, banale, retorico. Mi è venuto subito in mente quello che si ritrova alla vigilia, prima che chiudano i negozi senza aver fatto un regalo”.
Dissacrazione, qui, ma fino a un certo punto. Poi però c'è anche “Born to be Abramo”. La dissacrazione è nel suo carattere o nel suo programma?
“Ma, nel carattere e poi nell'idea di cercare effetti non ovvi, di non annoiare e non annoiarmi. Un artista deve cercare di essere originale, soprattutto in questo conformismo dilagante. Certo, se fossi più conformista, sarei più ricco. Ma almeno così sono soddisfatto di me. Le pare poco?”.
Non rifaresti qualcosa?
“Rifarei esattamente tutto”.
Con le Storie Tese? Perché chiamare il gruppo così?
“Non lo dirò mai... forse per quella idea del Futurismo che dicevo: un nome talmente brutto e strano, che suona bene, e che ha funzionato”.
Come Gian Burrasca: diverso, sbilenco, malfattore. E simpatico. “Lui è il bambino dentro di noi, con la sua voglia di spaccare tutto, soprattutto i limiti”.