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Elektra abisso musicale dell'anima. Bellissimo spettacolo del regista Schweigkofler con la direzione di Kuhn

Notizia pubblicata il 01 marzo 2010



Categoria notizia : Turismo


Si sviluppano in verticale i fantasmi che abitano la mente di Elektra. Nello spettacolo di Manfred Schweigkofler, una nuova produzione del Teatro di Bolzano e di alcune città emiliane, la reggia degli Atridi è ridotta a soli tubi innocenti che incorniciano il boccascena - sul fondale è collocata invece l'orchestra - permettendo così ai membri della corte spostamenti in più direzioni.

La protagonista sta invece in basso senza abbandonare mai il palcoscenico dove l'unico arredo è dato da una sola poltrona: il posto lasciato vuoto da Agamennone. La dimensione tragica e la sua universalità, che va oltre il contesto storico, si coglie anche dall'aspetto visuale: nelle scene di Hans-Martin Scholder e nei costumi fuori dal tempo, ma d'ispirazione moderna e con qualche elemento barbarico, di Violetta Nevenova. Questa cornice essenziale esalta la deflagrante irruenza di conflitti devastanti e furibonde pulsioni, che animano una tragedia potentissima, ormai lontana dall'originale di Sofocle, che il libretto di Hofmannsthal e la musica di Strauss concepiscono come una spietata lente di scandaglio psicologico.
La regia ne accentua il lato espressionista, non solo sul piano visivo, ma anche attraverso la gestualità che coinvolge gli interpreti e va dalle attenzioni morbose della protagonista per la sorella Crisotemide al rapporto feticistico e ossessivo con l'ascia usata per uccidere il padre, tenuta in serbo per la vendetta. Le sfaccettature del personaggio di Elettra si manifestano, nello spettacolo di Schweigkofler, anche attraverso l'entusiasmo fanciullesco che la protagonista mostra quando arriva Oreste - gli salta al collo come una bambina - e l'aperta ostilità verso la madre Clitennestra. Ma la visione più intensa si ha nel finale quando, prima di crollare al suolo, Elettra viene quasi assorbita dall'orchestra.
Gustav Kuhn ha guidato con grande sicurezza i due gruppi strumentali riuniti sul palco - la musica di Strauss richiede un imponente organico - ossia la Haydn di Bolzano e Trento e quella Regionale dell'Emilia Romagna, traendone un ricco caleidoscopio di registri, non solo violenti e tribali ma anche intimisti e introspettivi. La sua lettura è capace di cogliere gli aspetti più tesi e crudi di una partitura nata nel 1909, facendo avvertire i raccordi con le novità musicali di quegli anni, sebbene declinate con modalità completamente diverse: dallo sprechgesang di Schönberg alla rivoluzione che di lì a pochissimo compirà Stravinskij con La sagra della primavera .
Senza per questo trascurare i lati più intimi e individuandone anche quei risvolti cameristici che si affermeranno nelle opere successive di Richard Strauss, come Der Rosenkavalier . Il direttore ha poi saputo ben assecondare gli interpreti. Il cast ascoltato a Ferrara poteva contare su un nucleo femminile di gran livello, comprese le ancelle in abitino nere e scarpe fetisch, come sono di gran moda oggi. Su tutti svettava la magnetica Anna Katharina Behnke, al suo debutto nel ruolo di Elettra, che sa rendere molto bene l'idea di animale ferito in gabbia della protagonista. Molto espressiva, ha saputo affrontare con grande sicurezza un'impervia scrittura senza essere intimidita dallo spessore orchestrale. Sicura e solida Michela Sburlati, del tutto a suo agio nella vocalità da soprano lirico di Crisotemide, personaggio per lei ben collaudato. Nei panni di Clitennestra il mezzosoprano Mihaela Binder Ungureanu ha evidenziato un bel registro grave, mentre la voce si assottiglia quando sale in alto. Più opaco il fronte maschile. Il ruolo principale tocca comunque al baritono Thomas Gazheli, un Oreste corretto ma dal timbro non abbastanza caldo.