La storia del motociclismo in Romagna
Notizia pubblicata il 05 settembre 2011
Categoria notizia : Sport
Tantissimi romagnoli sono appasionati di motociclismo e ciò non sorprende se si rispolvera la storia delle due ruote legata alla nostra terra. Tra i primi piloti romagnoli che hanno riscosso successo, ci sono testimonianze che risalgono ai lontani anni ’20 del Novecento, presso la Riccione di allora che nel 1922 era riuscita ad ottenere l’autonomia comunale.
Una vecchia aviorimessa utilizzata durante la prima Guerra Mondiale è stata usata per le prime competizioni. Il nome dialettale del tracciato era ‘ingar’ la versione romagnola di ‘hangar’, la parola inglese che significa aviorimessa. Durante lo scorso secolo l’Ingar ha ospitato diversi sport, non solo motociclismo ma anche ciclismo, ippica, calcio e manifestazioni operistiche. Ora questa zona è la sede del Luna Park estivo!
Verso gli anni ’30 l’Ingar ha ospitato gare di speedway, una disciplina motociclistica che sembra abbia origini australiane che si effettuava in piste di terra ovali della lunghezza minima di 340 metri e una massima di 420 metri. Questo sport fu importato dal marinaio istriano Adolfo Marama Toyo che conobbe il genere di gara durante i suoi viaggi e poi divenne famoso come pilota e progettista di motori. Il nome ‘Marama’ proviene dalla parola istriana ‘foulard’, ed era il soprannome che il pilota si era dato in ricordo del fazzoletto colorato che veniva utilizzato dai piloti di speedway. Il centauro si recò a Riccione proprio per lanciare questo nuovo sport in una terra dove il motociclismo è sempre piaciuto. Il bagnino riccionese Fulvio Bugli si ricorda di aver assistito da ragazzo a quelle competizioni dove Marama Toyo gareggiava all’Ingar contro Plinio Galbusera e Gambi. Bugli si ricorda che il pilota fiumano prima di iniziare le gare si cospargeva di talco, probabilmente per muovere meglio le braccia all’interno di quelle vecchie tute rigide! Dopo alcuni anni la pista è stata recintata e le gare vinivano assitite da circa un centinaio di tifosi paganti. Un altro particolare curioso è la ‘scarpa di ferro’, che proteggeva il piede dei piloti che guidavano i motori sprovvisti di freni per rapare nelle curve, alimentati con alcol metilico e olio di ricino.
Lo Speedway diventò sempre più popolare e tra i piloti riccionesi rimasti alla storica ci sono Gastone Berardi e Ruggero Papini. Berardi vinse diverse gare e negli anni ’40 vinse anche la classe 500 di terza categoria durante la storica Milano-Taranto. Durante questa gara Marama Toyo si incontrò con Plinio Galbusera, fondatore dell’azienda bresciana produttrice di motociclette da speedway. Dopo essere diventati amici, Marama Toyo decise di spiegare a Galbusero una sua idea per realizzare una moto da strada spinta da un motore a 2 tempi con 8 cilindri a V. Il progetto di Toyo era molto avanti per quegli anni ma Galbusera decise di crederci e mise a disposizione le sue piccole risorse tecniche della sua azienda. Dopo un anno il progetto fu completato e divenne molto famoso attirando l’interesse del salone di Milano nel 1938. L’arrivo della seconda querra mondiale non diede la possibilità all’azienda di produrre il motore dato che l’azienda fu distrutta durante i bombardamenti e Toyo morì durante una gara sul circuito di Trieste nel 1946. Del motore non sono rimaste tracce, solo le foto scattate al Salone di Milano.
La passione per il motociclismo di Marama Toyo e Plinio Galbusera resterà nella storia, esaltando il ruolo della Romagna come ‘mutor’ delle due ruote!