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Da stasera la tragedia in scena al teatro Fabbri

Notizia pubblicata il 11 marzo 2009



Categoria notizia : Spettacoli


SETE DI POTERE, ambizione, ambiguità...solo pensieri bestiali agitano le menti dei protagonisti del ‘Macbeth’, in scena da stasera a domenica al teatro ‘Fabbri’.

Tragedia in cinque atti, racconta le vicende dell’ambizioso generale scozzese che agisce compiendo le azioni più efferate per accaparrarsi il trono, punito per il sangue versato con la morte della moglie impazzita e con la sua stessa morte. Personaggio emblematico che desidera la propria affermazione ad ogni costo e che, pur tra mille incertezze ed ansie, diviene vittima del proprio piano.
La scrittura shakespeariana amplifica efficacemente questo gorgo nel quale precipitano i due coniugi: tutti i sentimenti peggiori rivivono nelle vicende di Macbeth e di sua moglie (spietata all’inverosimile); personaggi dominati dal male e da pensieri bestiali, che agitano incessantemente le loro anime.
‘MACBETH’ è considerata la tragedia più cruenta scritta da William Shakespeare.

A interpretarla e dirigerla è Gabriele Lavia, già protagonista del testo shakespeariano nel 1987. Prima di lui, il fascino di questo personaggio, che rappresenta l’aspetto insondabile e misterioso della coscienza umana, ha colpito attori e registi in tutto l’arco del Novecento: tra gli altri ne hanno riscritto la vicenda Eugène Ionesco, Giovanni Testori, Orson Welles e Roman Polanski.

PER IL RUOLO della sanguinaria moglie Lavia ha scelto Giovanna Di Rauso, giovane attrice Premio Hystrio ‘Giovani talenti’ nel 1999 e segnalata nella terna degli Olimpici del Teatro 2007 come miglior attrice non protagonista.
Ecco come Lavia entra in questa storia così viscerale: «Macbeth è la tragedia del tempo umano, lineare; il tempo di una esistenza fatta di ‘Domani…domani…domani’. È un tempo fatto di paura. È la tragedia del tempo di un Uomo Nuovo condannato al ‘fare’ per ‘potersi fare’. Re o altro ha poca importanza. Un uomo condannato alla paura di perdere ciò che ha raggiunto col suo ‘fare’ e che vive nella ambigua incertezza di essere qualcosa e non essere mai nulla con certezza. Questo Uomo Nuovo non è portatore di un nuovo modello di realtà, ma il dubbioso interprete di una soggettività in pezzi, pieno di nostalgia per una ontologia smarrita per sempre».

foto by http://www.flickr.com/photos/shiftingpoint/