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Muti porta in scena l'Aspromonte. Il maestro sul podio dirige la Banda di Delianuova, cittadina calabrese

Notizia pubblicata il 16 giugno 2008



Categoria notizia : Spettacoli


E' FINITA con l'Inno nazionale suonato da quattro bande assiepate sul palcoscenico di Palazzo de Andrè. E' una lunga storia, incominciata molti anni fa, quando il ragazzo Riccardo Muti, a Molfetta, dove viveva, riceveva proprio dalla banda cittadina le sue prime emozioni dal vivo, che avrebbero sviluppato il suo grande amore per la musica.

«Della banda, Riccardo mi parlava fino dagli anni di Conservatorio», dirà  la moglie Cristina. L'occasione é arrivata due anni fa, con un concerto diretto da Muti a Reggio Calabria e del fortuito «incontro» con la banda di Delianuova, cittadina dell'Aspromonte di 3.000 anime. Muti l'ascoltò in audizione privata: da lì il proposito di portarla al Ravenna Festival. Ottantaquattro ragazzi, alcuni letteralmente bambini. Bravi. Bravissimi. Sono approdati nell'Auditorium che ha ospitato orchestre come la New York Philarmonic e i Wiener Philarmoniker e sul podio hanno avuto Riccardo Muti per i brani di apertura e di chiusura del concerto, due italianissimi pezzi operistici: la sinfonia di Norma, di Vincenzo Bellini e quella del Nabucco di Giuseppe Verdi.

IL RESTO del programma proponeva musiche di autori americani, da Reed a Barnes, Holst, Sabatini, Erickson, De Haan, Mc Coy diretti dai maestri istruttori stabili Maurizio Managò e Gaetano Pisano e con l'intervento solistico di Bruno Domenico virtuoso di trombone.

MUTI, i suoi pezzi li aveva provati alla vigilia come si trattasse di una esecuzione ufficiale alla presenza al re. Per lui, istruttore formidabile, in musica non ci sono serie A o B. «La banda non é una formazione minore dell'orchestra classica - ha detto prendendo il microfono a fine concerto, prima del bis prepotentemente richiesto - é un'altra combinazione timbrica. Nella banda resistono strumenti che in orchestra non ci sono più e che potrebbero andare perduti. Se le bande dovessero sparire, sarebbe un delitto culturale imperdonabile».

E via col bis. Dopo di che, a sorpresa, dalle gradinate sono sciamate le tre bande romagnole e tutte insieme (circa 200 elementi) hanno riproposto l'Inno di Mameli concertato in diretta e suonato «col cuore». («Se sarà  un disastro, pazienza» aveva anticipato il Maestro). Niente disastro. Pubblico in piedi, successo delirante e una certa emozione per un concerto anomalo che voleva avere «valore sociale e politico».

(foto di http://www.flickr.com/photos/ziowoody)