Dopo cinque anni il cuore del Pirata
Notizia pubblicata il 13 febbraio 2009
Categoria notizia : Sport
«PAN-TA-NI». Così la percussione vocale di Adriano De Zan annunciava il Pirata all’arrembaggio nel mare di salite del Tour. E così tutti vogliono ricordare il pelatino. A cominciare dalla vita. Perché della morte, che l’ha falciato un lustro fa, s’è detto già abbastanza.
Domani se ne andava Marco Pantani. E, in barba ai disfattisti di turno, nessuno ha dimenticato. Perché il ricordo del Pirata pedala a più non posso. E s’arrampica dalla cima. Da una di quelle che venerava: il suo Carpegna. Basta passarci, per comprendere. In cinque anni hanno sudato a frotte sui tornanti del Cippo. E avevano tutti la bandana del Pirata. «Eh, sa quanti ne passano qui vestiti da Pantani», dice uno che sale quassù a colpi di pedivella. Nei panni del Pirata campione si mettono a migliaia. Anche perché esiste un merchandising made in Rimini che conquista tutti. In cima alla lista, c’è la bandana originale, poi i cappellini, i calzini, i guanti, le felpe e le t-shirt. Le richiedono i discepoli e pure i loro figli e nipotini.
MA IL POLSO della passione (e del ricordo) si può tastare pure nei grandi templi sacri del ciclismo.
Dai cicli Tonti, a Cattolica, il ricordo di Marco vive nei clienti. Raccontano: «Ancora chiedono la bici di Pantani. Gli adulti parlano del Pirata, ma anche i ragazzini, soprattutto quelli che hanno il papà che è un appassionato del campione».
L’occhio vispo di Pantani rivive pure in Antonio Tonti: «Veniva qui. Ha preso dei pezzi leggeri. Tagliava le marche e poi li adattava. Poi s’informava sul materiale. E qui ne ho visti di campioni: venivano Saronni, Moser, Motta, Battaglin». In negozio, poster e maglie d’allenamento. Dove il Pirata vive. Come in Rete.
Su «Google» fioccano siti. E poi foto, icone, simboli, preghiere, invocazioni, ricordi, monumenti. Spiccano tutti, tra mille colori. A cinque anni dalla fine, qualche consigliere comunale ha sollevato il problema di una futura «via Pantani». L’assessore Stefano Pivato riporta alla realtà. Spiega: «Devono passare dieci anni. Fra cinque ci penseremo. Ora è prematuro».
LA MEMORIA vive anche dove è iniziata. Davanti al residence «Le Rose», sul lungomare. Tutto è cambiato. «Per un anno e mezzo — spiegano — tanta gente è venuta a chiedere». Di quella stanza. Che ora è a due piani. Allora, solo a uno. Non ci sono fiori, davanti al residence. C’è l’ultima immagine d’un campione. «Perché per noi era un campione, un personaggio», dicono al residence. Perché il ricordo inizia dalla vita. Non dalla morte.
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