Le 100 candeline di Sciaccaluga. Ravenna Domenica raggiunge, da capitano, il bel traguardo di presenze in giallorosso
Notizia pubblicata il 03 settembre 2009
Categoria notizia : Sport
CENTO di queste maglie. Paolo Sciaccaluga — regista, leader e, da quest’anno, pure capitano del Ravenna — le festeggerà domenica a Potenza. Fosforo al servizio di una squadra e di una società portate in serie B e poi ai playoff in soli tre anni.
Appunto, tre anni fa. Era il 3 settembre 2006; Taranto, stadio ‘Jacovone’.
«Lo ricordo bene, molto bene. Per il debutto col Ravenna, mister Pagliari mi assegnò una maglia insolita, quella di centravanti. Giocai di punta al fianco di Succi per tutto il primo tempo. Poi nella ripresa, dopo il gol subìto su rigore e l’espulsione di Fasano, tornai nel mio ruolo naturale».
Il Ravenna perse. Ma poi vinse...
«Perdemmo 1-0, è vero, ma alla fine della stagione festeggiammo la promozione in B».
Cento gettoni. Che effetto fa?
«Quando partimmo per quella trasferta di Taranto non mi sarei mai aspettato, un giorno, di festeggiare la centesima presenza, né tantomeno la decisione di stabilirmi definitivamente a Ravenna, lasciando Modena e portando qui mia moglie Silvia e mio figlio Samuele. Il traguardo ‘tondo’ costituisce senza dubbio una bella soddisfazione personale. Mi era sfuggito di poco col Siena (93 gettoni, nda), ma sono felice di averlo raggiunto con questa maglia».
Sciaccaluga, mi scusi, lei è della provincia di Genova; ha giocato, fra le altre, a Mantova, Siena e Pavia. Perché ha deciso di piantare le tende proprio a Ravenna?
«Perché qui si sta bene. Meglio che altrove. La città è a dimensione d’uomo. E le persone, speciali, oltre che serie e sincere. Come il nostro presidente Gianni Fabbri. Gente così ne ho incontrata veramente poca. Si dedica completamente alla squadra, ci è sempre vicino e meriterebbe di avere tante soddisfazioni».
Del passato si è detto. Andiamo per ordine e cominciamo dal presente.
«I presupposti sono buoni. Partiamo senza i favori del pronostico, ma consapevoli di poter fare bene. Il tecnico è in gamba, molto preparato e scrupoloso. Gli ingredienti sono molto simili a quelli di tre anni fa».
Più o meno lo stesso girone; avversarie molto più accreditate; giocatori di categoria.
«Le analogie sono molte. Allora c’erano Avellino, Salernitana, Perugia, Foggia e Taranto che sembravano di un altro pianeta. Oggi ci sono Verona e Pescara che paiono far corsa a sé. Noi manteniamo un basso profilo, facendo pochi proclami, poi, alla fine, tireremo le somme. Intanto però mi viene in mente la Cremonese dello scorso anno, che allestì uno squadrone, ma che non arrivò nemmeno ai playoff...».
Servirà anche un po’ di fortuna?
«Quando vincemmo il campionato nel 2007, gli infortuni furono pochissimi, così come le squalifiche. Anche questo aspetto inciderà sull’esito finale».
Sciaccaluga, lei si avvia a compiere i 38 anni. Ci sono coetanei, come il suo ex allenatore Atzori, che sono già sulla panchina di squadre di serie A. Non è ora di smettere?
«Me lo dicono in tanti. Finché andrò al campo di allenamento con questa voglia e con questo spirito, vorrà dire che il mio posto è ancora là, con un pallone fra i piedi. Ma è ovvio che dovrò pensare anche al domani. Non sarà facile, lo so in partenza. La decisione avverrà di comune accordo, però il primo campanello suonerà quando comincerà a pesarmi l’allenamento. A quel punto staccherò la spina e farò il tifoso. Del Ravenna, ovviamente»