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'Cuore e passione, altro che playback'. L'artista sul palco oggi a Poggiorenatico

Notizia pubblicata il 22 settembre 2008



Categoria notizia : Spettacoli


QUARANT'ANNI di carriera, di successi e delusioni, di speranze e (poche) rabbie: compressi come una miccia, pronti ad esplodere in un'ora e mezza di spettacolo. Per Paolo Mengoli, 58 anni lo scorso 14 agosto, é una serata speciale quella di stasera al Cpr di Poggiorenatico.

«Ho cantato in Spagna, Brasile, Canada. Sono stato 4 volte in Giappone e l'anno scorso mi sono esibito a New York, al Columbus Day. Poi eccomi qui, lo spettacolo del mio quarantennale di carriera segna quasi il debutto nel ferrarese...».

C'é un pizzico di rammarico?
«Ma scherziamo? Per me é bellissimo: salgo sul palco con un gruppo vero, canto dal vivo con quanta voce ho, magari a un certo punto il pubblico sentirà  un po' di raucedine ma così l'interpretazione sarà  ancora più genuina, non quella roba da... cloni».

E chi sarebbero i 'cloni'?
«I fenomeni che vanno in televisione e sempre più spesso anche ai festival, prodotti bene confezionati ma che senza il playback sono perduti. Il sistema purtroppo é fatto così. Io però reagisco con l'unica arma che conosco, prendo il microfono e mi lancio senza paura, ci metto cuore e passione, oltre alla voce che se Dio vuole non mi manca».

Quarant'anni fa com'eri?
«Esattamente così. Sono stato fortunato, ho avuto successo inizialmente con 'Perché l'hai fatto' e poi con 'Mi piaci da morire' ho persino vinto una specie di... Champions League della canzone italiana. Ci sono stati momenti d'ombra ma sono stato capace di adeguarmi, di trovare nuove formule. Persino troppo in anticipo, come quando in piena epoca dei cantautori politicizzati, nel '79, ho proposto il primo disco di revival degli anni '60. Mi guardavano strano ma é diventato un boom».

Anche in televisione.
«Sì, da lunedì torno a 'Italia allo Specchio' e mi fa molto piacere, perché sono in tv senza bisogno di andare su qualche isola a fingere un flirt, senza inventarmi un gossip. Ci vado come sono e per quello che sono...».

E chi sei, davvero?
«Mi spiace dirlo ai ferraresi, ma sono un tifoso del Bologna: quasi quasi tra Sanremo e una partita al Dall'Ara non ho dubbi».

Esagerato.
«Beh, un po' sì perché all'Ariston voglio rimetterci piede, prima che passino altri 40 anni. Sono 10 anni che ci provo, ogni volta presento una canzone e non passa: possibile che soltanto io faccio schifo? Alla tv sento cose terribili, non sono presuntuoso però non me ne faccio una ragione. Fra poco però ci riprovo, chissà  che con Bonolis non arrivi il mio momento».

Usando Poggiorenatico come trampolino di lancio.
«Perché no? Quella di stasera, per il decennale della Cpr, sarà  una festa bellissima. Io ci metto dentro un viaggio nella canzone, l'emozione che tanti brani sanno ancora suscitare. Mica tutti miei, ovvio».
Qual é il tuo preferito?
« 'E penso a te' di Lucio Battisti».

E quello per cui uccideresti qualcuno per essere stato il primo a cantarlo?
«'Perdere l'amore': ah, l'avessi strappata a Massimo Ranieri. E magari anche 'Imagine', ci pensi che gusto a dire che la canta Paolo Mengoli piuttosto di John Lennon?».

foto by http://www.flickr.com/photos/ziowoody