Le offerte più convenienti
Prenota gratis
Nessuna commissione

Racconto storie sognando la rivoluzione

Notizia pubblicata il 07 novembre 2007



Categoria notizia : Spettacoli


Ci ha messo oltre ottocento pagine per raccontare la storia e la leggenda di Pancho Villa: può farlo in tre aggettivi?

"Assolutamento no. Mi é impossibile. Quelle ottocento pagine hanno distrutto la mia capacità  di sintesi.

Posso farlo però in una frase: é la rappresentazione della vendetta".

Paco Ignacio Taibo II, classe '49, spagnolo di nascita ma messicano da tutta la vita, é docente universitario, giornalista, scrittore e storico, voce fra le più immaginifiche, divertenti e dolenti del Messico di oggi, che racconta volentieri attraverso le storie di ieri.

Storie di personaggi 'piccoli', come in Donna Eustolia brandì il coltello per le cipolle e Ombre nell'ombra, o dirompenti come Che Guevara, di cui ha firmato Senza perdere la tenerezza, certamente la biografia più famosa del guerrigliero.

E poi tutta la serie del detective Hèctor Belascoarà n Shayne che ha conquistato generazioni di lettori fedeli da un capo all'altro dell'oceano.

Ora esce la seconda biografia Un rivoluzionario chiamato Pancho, che presenta domani sera alle 21.15 alla Scuderia di piazza Verdi a Bologna insieme all'amico Pino Cacucci.
'Qui si narra la vita di un uomo...'

La sua biografia di Pancho Villa inizia come una favola: quanto ha dovuto destreggiarsi fra le leggende che circondano questo personaggio?

"Veramente non me ne ero accorto: ma é vero che inizia come una favola. Del resto quando si convoca un mito bisogna convocarlo così. Forse non c'é altro modo. Poi però ho dovuto lottare moltissimo contro le leggende e le mille versioni. Le leggende nere di chi ha conquistato il potere e lo ha denigrato, descrivendolo come un sadico e un assassino, e quelle dei suoi stessi compagni che ogni volta raccontavano la storia migliorandola un po'. Del resto lui stesso era un grande depistatore di sé stesso. Ci sono tre sue autobiografie, e non ne ha scritte nemmeno una".

Prima Che Guevara e poi Pancho Villa; in mezzo "Morti scomodi" scritto con il subcomandate Marcos. Ma oggi c'é ancora bisogno di figure così?
"Io credo di sì. Forse oggi più che mai. Di certo ci servono meno cose materiali ma non abbiamo meno bisogno dei miti".

Lei dice "non esiste la Storia, esistono le storie".
"Invece che affrontare la macro-storia ho preferito concentrarmi sulle storie. Faccio insomma il processo inverso, raccontando un personaggio, vivo e vitale, per poi lasciare a lui 'rivelare' il contesto in cui si muove e agisce".

Frequentando i suoi libri sembrano emergere comunque i più deboli, la lotta di tutti i giorni, la ribellione, anche quando é più sfumata o 'mascherata', magari da giallo.

"E' che la letteratura costruisce personaggi che devono provocare qualcosa, e invitarci a guardare il mondo con i loro occhi. Ma c'é sempre l'artificio letterario che li sostiene. Dunque non é un discorso politico in senso stretto, ma forse indirettamente sociale. Mentre il romanzo però mantiene sempre una sua autonomia di fiction, molto diverso é quando si affronta un discorso storico o biografico: allora bisogna avere il coraggio di guardare quello che c'é, senza censure e senza timori".

Villa era molte cose insieme: analfabeta, rapinatore, condottiero, capo di un esercito disciplinatissimo: quanti punti di contatto ha con il Che?

"Entrambi sono uomini della rivoluzione. Ma per il resto sono molto diversi. Il Che era figlio della classe media illuminata, Villa era un contadino analfabeta che poi diventa rivoluzionario. Anche il contesto storico in cui vivono sono profondamente diversi".
Dopo queste due biografie ne sta già  preparando una terza: non é che il fascino della storia le ha fatto abbandonare i romanzi?

"No, no, poi mi fermo. Ma sto scrivendo la storia di questo personaggio assolutamente sconosciuto, che nasce a Philadepia ma agisce a Cuba, intorno al '33 e partecipa alla lotta contro il governo di Machado: é giovanissimo, socialdemocratico di estrema sinistra. Mi sembra importante come Che Guerava e molto simile a lui. Si chiama Toni Guiteras ed é assolutamente sconcertante..."

Il Che é un'icona, quasi disincarnato e replicato su tutte le magliette. Una fama a cui ha certamente contribuito anche la sua biografia. Avrà  una fortuna simile anche Pancho Villa?
"Credo che anche per Pancho si andrà  verso un nuovo culto popolare, del resto meritatissimo. Ma non date a me la colpa delle magliette del Che..."
Domani sera é a Bologna, città  che conosce bene.

 

"E' una città  di colleghi e amici, da Cacucci a Lucarelli e Wu Ming. E poi apprezzo la gente e la sua storia. Mi piace".

     
    
Â