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Michieletto, rossiniano doc Voglio emozionarvi

Notizia pubblicata il 10 agosto 2009



Categoria notizia : Musica


HA OTTENUTO un lusinghiero successo personale con la regia de «La Gazza ladra» al Rof 2007 aggiudicandosi anche il prestigioso Premio Abbiati. Damiano Michieletto, poco più che trentenne, vanta un’esperienza di tutto rispetto nella regia lirica, rossiniana in particolare.Quest’anno gli è stata affidata la farsa «La Scala di Seta» (stasera alle 20 la prima, poi giovedì 13 e domenica 16 alle 20, infine venerdì 18 alle 11, al Teatro Rossini).

Come è nata la sua passione per la regia e per l’opera lirica in particolare?
«E’ stata un fatto casuale. Ed è nata proprio con Rossini, nel 2002, quando mi hanno chiesto di curare la regia di una versione ridotta del “Barbiere di Siviglia” al festival di Wexford. La passione si è alimentata strada facendo, lavoro dopo lavoro. Sento una forte affinità con Rossini, con il suo modo di intendere la drammaturgia e i personaggi, che tratta sempre con un certo distacco mentre la geometria della musica crea la storia. Questo mi dà grande libertà come regista: posso inventare situazioni, personaggi, perché non sono musicalmente ben definiti».

Con quale spirito si è avvicinato alla “Scala di seta”?
«Rossini ha composto opere molto diverse fra loro, come nel caso de “La gazza ladra” e “La scala di seta”. Quest’ultima è un’opera ‘scattosa’, brillante, rapida, tutta incentrata su una situazione molto sintetica. Si sente che Rossini l’ha composta quando aveva vent’anni: c’è brio e la voglia di dimostrare quello che sapeva fare. Mi divertivo ascoltando ‘‘La scala di seta” e mi divertivo anche ad immaginare i personaggi e a trovare per loro un’umanità teatrale vivace, che venisse recepita immediatamente dal pubblico. La musica di Rossini mi mette sempre di buon umore. “La scala di seta” è una produzione “low cost”».

Che effetti ha avuto questa ‘contingenza’ sul suo lavoro?
«Si tratta in effetti di un allestimento poco costoso per la scena, i costumi e anche per il mio cachet. Ne vado orgoglioso: penso che sia un valore aggiunto riuscire a fare cose belle e interessanti con un costo contenuto».

Come è impostata la collaborazione con lo scenografo Paolo Fantin?
«Per me questa collaborazione è fondamentale fin da quando comincio a impostare l’opera e a darle una chiave di lettura. Succede così che quando si apre il sipario, la scena non viene percepita dallo spettatore come qualcosa di aggiunto ma si confonde con le azioni dei cantanti, con il canto stesso e diventa parte integrante dello spettacolo, un tutt’uno con il lavoro del regista».

Come si trova a Pesaro?
«A Pesaro mi sento a casa: è il terzo anno che lavoro qui. Quello che mi piace è la grande passione e la professionalità delle persone che ci lavorano. Il sorriso con cui tutti ti accolgono in teatro rende speciale questo ambiente. Non so se sia merito della musica di Rossini che, come mette di buonumore me, probabilmente ha lo stesso effetto anche sugli altri, oppure se sia il mare... Si crea comunque un’alchimia che nasce dalla passione che accomuna le persone che si trovano qui per mettere a disposizione dell’arte il loro entusiasmo e la loro energia».

foto by http://www.flickr.com/photos/pdpoderino/