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"Nobodaddy" dal teatro alle arti visive

Notizia pubblicata il 19 marzo 2008



Categoria notizia : Cultura


La mostra, intitolata Anticorpi, vede opere di Cesare Baracca e Massimiliano Fabbri e resterà  visitabile fino al 29 marzo il lunedì dalle 15 alle 18, dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 e durante tutte le aperture di spettacolo

Quindi seguirà  (alle 18.30) la presentazione del libro di Claudio Meldolesi e Renata Molinari "Il lavoro del dramaturg" (edizione Ubulibri).Ubulibri).Zoe Teatro é la giovane compagnia fondata a Perugia da Michele Bandini e Emiliano Pergolari, allievi di Marco Martinelli e delle Albe che ricordiamo in scena nel "Sogno di una notte di mezza estate" e in "Salmagundi", oltre che nel loro primo spettacolo presentato due anni fa al Nobodaddy, "Vi e Ve".

Dal 2005 Bandini e Pergolari fanno inoltre parte della squadra delle guide della non-scuola. "Metallo" nasce come una riscrittura dei testi di Eschilo, Sofocle ed Euripide che, a partire dal mito di Antigone, inquadra il tema del conflitto fratricida. Frutto di una scrittura scenica, lo spettacolo é il risultato di una creazione in itinere, elaborata sui corpi degli attori e su un'idea di teatro antiaccademico; il testo, scritto in gran parte in dialetto folignate, cupo e ruvido, suona arcaico e comico, lirico e violento insieme per una mescolanza tra grecità  evocata e dinamiche irruente.

Paola Bigatto, attrice di origini liguri che ha lavorato con i principali registi teatrali italiani, da Giancarlo Cobelli a Luca Ronconi, é invece allieva e collaboratrice della drammaturga Renata Molinari ed é in scena con le Albe nello spettacolo "Sterminio". La sua lezione-spettacolo La banalità  del male – tratta dal celebre omonimo saggio di Hannah Arendt – ha un forte senso politico e sociale, oltre che didattico, che risiede non solo nei contenuti storici e filosofici a cui si fa riferimento (la nascita del Nazismo, le modalità  dell'Olocausto e il processo di Norimberga), ma sopratutto nell'esempio morale offerto dalla filosofa tedesca: un modello di equilibrio e insieme di implacabilità  nel sottolineare duramente e dolorosamente tutte le verità  taciute.

«La professoressa Arendt – spiega Bigatto – osserva lo svolgersi del processo di Norimberga con implacabile occhio critico: nè il suo essere ebrea, nè il suo essere tedesca, nè il ritrovarsi di fronte a uno degli assassini di sei milioni di persone, altera la sua ricerca della verità  e il suo sforzo di essere oggettiva.

Da ciò deriva che l'abominio criminale del nazismo non resta relegato nelle responsabilità  note di qualche criminale, ma appare come una possibile realtà  presente in ciascun uomo, in perenne agguato nella pigrizia mentale, nell'inattività  sociale e politica, nella delega di scelte ad altri, nell'uso della banalità  come alibi morale, tutti ingredienti che nella storia dell'umanità  hanno reso possibile l'instaurarsi di sanguinose dittature».Info: 0544 36239.

(foto di http://www.flickr.com/photos/lulacerdarj)