Toppi, il segno della storia
Notizia pubblicata il 05 marzo 2009
Categoria notizia : Cultura
E’ UN UNIVERSO popolato da personaggi che attraversano la storia, quello immaginato, costruito da Sergio Toppi.
Eroi inconsapevoli, capitani coraggiosi, avventurieri di cappa e spada che quando si materializzano sulla pagina, sembrano volerla oltrepassare.
Il suo lavoro, iniziato a metà degli anni ‘50, passato per collaborazioni con le testate più prestigiose del fumetto italiano (dal Corriere dei Piccoli a Linus all’Eternauta), verrà celebrato con una grande mostra personale, Sergio Toppi.
Il segno della storia, ospitata dal Museo Civico Archeologico (inaugurazione oggi alle 19. Sino al 12 aprile) all’interno del festival BilBOlbul in corso a Bologna.
Toppi, le sue tavole ci portano tra i risvolti della storia, come se volessero svelare le possibilità “didattiche” del fumetto
«Il fumetto, l’illustrazione hanno con la storia una relazione pop, seducono il lettore con la loro aura fantasica, con la dimensione della fiaba, avvolgente, dalla quale una volta entrato, non vorresti uscire mai. E riescono a rendere affascinante il passato. Sono propedeutiche alla didattica. Ma la loro forza è quella del gioco. Io parto dall’avventura. La storia, le ambientazioni di epoche lontane sono lo scenario all’interno del quale si muovono figure che arrivano dai nostri sogni. Ecco, il fumetto, per me, è la sintesi possibile tra la pura fantasia e la rievocazione della storia. Non è importante la precisione della ricostruzione, quello che conta è restituire l’atmosfera, suscitare la curiosità».
Con uno stile “pittorico”...
«Forse più che dalla pittura, il mio stile è ispirato dalle antiche tecniche di incisione. Per questo preferisco il bianco e nero».
La manualità, il gusto per il dettaglio caratterizzano il suo lavoro.
«Sì, mi piace pensare al mio lavoro come a quello di un buon artigiano, piuttosto che di un artista, per questo non uso le tecnologie elettroniche per colorare. Il bianco e nero mi dà la possibilità di costruire le tavole con tecniche che, in fondo sono immutate da quando ho iniziato a disegnare negli anni ‘50. E che lasciano al fumettista la responsabilità del prodotto finale».
Dai suoi esordi, 40 anni fa, cosa è cambiato?
«Di recente ho rivisto alcuni mie disegni realizzati all’inizio della carriera in esposizione alla mostra per i 50 anni del Corriere dei Piccoli. Col tempo la tecnica è migliorata, la cura per i dettagli, per la perfezione del segno adesso è ossessiva. Ma sono rimasti intatti quei i miti del mio immaginario che ci facevano varcare la soglia ‘temporale’ e lasciavano che l’immaginazione ci facesse inghiottire’ dalle tavole. E io, ancora oggi, mi ritrovo così a cavalcare a fianco dei mie amici’ capi indiani, dei soldati di qualche esercito sulle isole dei tropici, ad ammirare una natura selvaggia persino nel centro di Bologna!»
foto by http://flickr.com/photos/gianfrancogoria/