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Montefeltro sulla vetta di Rimini
Notizia pubblicata il 08 novembre 2009
Categoria notizia : Fatti Curiosi
La docile campagna addomesticata della valle del Foglia s’inasprisce, la strada s’arrovella su per colline sempre più erte e boscose. La sera, annunciata da un gran rosso tramonto, si adombra dentro strade fronzute, cui certe svolte ripide aprono squarci di vallette autunnali, proiettano rapidissime istantanee di paesetti di terracotta, apparsi e subito risucchiati dalla siepe seguente.
Il paese delle fate, una evocazione di meteore greche e di cocuzzoli da Cappadocia, si libra all’improvviso dentro la notte incipiente al di sopra di nuvole dipinte da Magritte. Ed è finalmente San Leo, impettita sul costone imprendibile. Saliamo alla luminosa piazzetta deserta, quadrangolo di pietra e ombre. In fondo un portale illuminato come nelle fiabe nordiche. Ne esce un barbuto signore, pullover e giaccone da campagna. Cercavamo il tabaccaio Mascella, che ha addentato tra i primi l’osso della secessione, ma la vetrina è spenta. Dice: “Per le sigarette deve ridiscendere al passo di Villagrande”.
Franco Vicini, assessore allo sviluppo economico di Sant’Agata Feltria, giusto lei, che ci fa qui? Alla ricerca di amministratori dei sette comuni - sette come le meraviglie del mondo, o come i peccati capitali - che hanno scelto la provincia di Rimini, eccoli qui tutti insieme, mentre preparano lo show del Montefeltro dissidente per un incontro che si terrà a Rimini, appunto. E arriva il commento: “La secessione, in fondo, ha diviso dalle Marche, ma ci ha uniti tra noi. Basta con tutto questo alzare muraglie”, dice Fabio Cesaretti, consigliere di Lista civica a Talamello, pioniere del Sì.
L’aria frizzante di fuori, dentro il Palazzo Mediceo è imbiancata dal lindore delle pareti, e dalle loro speranze. Speranze di parola, perplessità di sguardi. E un filo di rancore: “Mai uno del Montefeltro nella giunta provinciale di Pesaro-Urbino”. E in quella di Rimini? “Ci batteremo, per questo”. Viene da chiedere: non potevate battervi prima di andarvene via? “Siamo andati a parlare con Ucchielli”, ricorda Umberto Piscaglia, grosso produttore di latte, fornitore della Centrale di... Rimini, manco a dirlo. E lui? “S’è messo a ridere”. Ma dai! Ma sì: quando glielo chiederemo, una volta tornati giù, dirà: “Ma figuriamoci se in epoca di globalizzazione ha importanza se stanno di qua o di là!”.
“Allora, tanto vale andare a Rimini”, dice Adriano Menghi del Turismo di Talamello. “Che i nostri ragazzi conoscono meglio di Pesaro, dove qualcuno di loro non è mai stato manco una volta”, dice Leonardo Sacchetta, assessore a Pennabilli e funzionario della provincia di Rimini. Al bar, poco fa, di quattro giovani davanti a una coca, tre lavorano a Rimini, una ci studia. E il barista di San Leo, che legge dietro il bancone, confessa: “Marche o Romagna? Non lo chieda a me: io sono di Rimini”. Rimini, Rimini... come l’eco del film di Sergio Corbucci, del romanzo di Vittorio Tondelli.
Più vicini alla Romagna che alle Marche - se ci passate la libertà geografica - ora loro “sono” Romagna. “E così, invece di gravitare su Pesaro e Ancona, potremo finalmente usufruire della sanità romagnola. Questione di chilometri, sa, soprattutto per le urgenze. E dove li facevamo nascere i bambini, con Ginecologia sempre in forse a Novafeltria?”, esce a dire Marcello Bernardi che, consigliere di San Leo 2000, ha più a cuore la caccia: “Ucchielli qui ci mandava solo i cacciatori di San Marino, a farci concorrenza”.
E sì che di montagna e di mezza montagna, territorio di caccia, ce n’è nelle Marche. “Ecco, vede; e invece nella provincia di Rimini ora diventiamo l’unica area montuosa: speriamo che ci diano più retta, a noi allevatori”. È Guido Cardelli Masini Palazzi, in mano un’azienda agricola e l’Agricoltura di San Leo, che mescola speranze e timori: “Io ho spinto per la secessione, ma veramente non credevo che sarebbero sorte tante difficoltà”. Di carattere amministrativo e burocratico: fortuna che l’altra settimana la Provincia di Rimini ha varato la legge per le norme attuative del trasferimento. “Loro sono giovani, ma bene organizzati”. “Loro hanno i soldi - corregge involontariamente Carla Bonvicini, che regge il Turismo a San Leo - ma noi abbiamo le idee”. Contro qualunque tentativo di fare del Montefeltro una mirabilandia, dovranno passare sul suo cadavere. E su quello di molti altri. Per esempio su quello di Letizia Valli, sua collega al Turismo, ma a Novafeltria: “Timore di essere colonizzati? Oh sì, Madonna mia! Ma affermeremo la nostra identità: castelli, teatri e tutto quanto”. Poi, abbassando l’alabarda, sottovoce, dolente: “Ma in fondo, stavamo bene anche prima”.
Adesso però non andatelo a dire a Matteo Ricci, il presidente della Provincia di Pesaro-Urbino che ha ereditato il distacco del Montefeltro settentrionale. “Che ferita! Sentimentale, ma anche economica. E sai che salasso sarà per tutti questo passaggio: altro che costo zero!”. Altro che piccoli dispetti lamentati da vigili del fuoco e imprenditori. Si chiude il portone. La venditrice di souvenir in piazza tira giù la saracinesca tentennando il capo grigio: “Bah! - sospira - Il Montefeltro è sempre stato Marche”