Il Novecento si specchia alla Mole Vanvitelliana In mostra le opere delle Fondazioni Cariverona e Domus
Notizia pubblicata il 03 gennaio 2009
Categoria notizia : Eventi
E’ IL RIFLESSO nello specchio di una bella di cui nulla si sa a invitarci alla mostra della Mole Vanvitelliana; una bella che non ci dice: né perché e per chi si stia truccando le labbra con tanta cura ed impegno, né dove è diretta, né cosa è accaduto dopo quell’incontro.
Forse la spiegazione è nell’ombra che si intravede alle sue spalle, quelle spalle morbide e carnose, in attesa e disponibili, ma solide e nitidamente erette che sovrastano il seno tondo e rosato. L’ombra potrebbe essere un uomo, oppure no; potrebbe essere un pericolo, o una gioia.
Resta il mistero che continua a riflettersi e a ripetersi dal 1927, quando la bella fu ritratta e quindi sottratta al suo tempo. E la bella, a ammiccante e sottilmente ma pervasivamente erotica, è la Donna allo specchio di Cagnaccio di San Pietro, che coinvolge ed avvolge, intriga ed eccita fantasie, che scatena emozioni. Che insegue i passanti mostrandosi in originali totem collocati ad Ancona nelle vie della passeggiata e dello shopping.
Così come ovattate e misteriose appaiono le circa altre settanta opere che alla Mole Vanvitelliana appaiono senza invadere gli spazi, escono splendenti dal buio delle sale percorrendo e accompagnano un racconto d’arte che traccia tutto il Novecento per arrivare al contemporaneo . Opere di Balla, Boccioni, Guttuso, Chia, Ceroli non si susseguono in modo consueto e tradizionalmente cronologico ma vengono accostate, messe a confronto, si interfacciano, si riflettono e sembrano competere tra loro per bellezza e stupore, attraverso l’individuazione di un particolare, di un segno, di una traccia simbolica.
ED E’ COSI’ che troviamo accostanti e dialoganti un giovane Enzo Cucchi con Van Gogh respira (1984) un corposo olio tra giallo, rosso e nero, che si materializza e si espande uscendo dalla tela e che mostra un tramonto sul mare dove brucia la lapide del pittore olandese con due piccoli teschi accanto. Mentre Alberto Savinio, nella stessa sala, con il suo Poema marino (apparso nei primi anni Sessanta) colloca un teschio sovrastante la nave e la donna abbandonata, forse Didone forse Arianna, a sottolinearne il tragico destino.
Un simbolo unico per un eterno tema tragico coniugato ad una distanza di circa venti anni con una mai pacata intensità .Altro riferimento simbolico è la finestra; finestra che può separare i protagonisti dal mondo esterno, fino a farli scomparire e lasciando intravedere dell’interno abitato solo una sedia e un vaso di fiori, così come avviene con Augusto Manzini con le sue due finestre (anni venti circa), titolate Primo studio del quadro La primavera e Mattino d’inverno.
Manzini oltre la finestra lascia intravedere tenuamente una città presente ma ovattatamente lontana e silenziosa…lontana forse anche da chi quotidianamente abita al di qua della finestra. Entusiasmanti anche le altre opere da Balla e Boccioni, a Guttuso, Morandi, Licini, Chia, Vedova e tanti altri grandissimi. Per la gioia degli occhi e del cuore.
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