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'Quante rockstar ho tagliato..' Il regista di 'Woodstock' racconta i retroscena del mitico film-concerto

Notizia pubblicata il 11 giugno 2009



Categoria notizia : Spettacoli


HA I CAPELLI LUNGHI come usava allora. Ha una bandana che gli ricopre il capo. E ha il linguaggio netto dei militanti. Sessantasette anni il prossimo 24 settembre, Michael Wadleigh è il Cuore Rosso di Woodstock.

Irremovibile come 40 anni fa, quando Artie Kornfeld, il creatore del grande raduno insieme a Michael Lang, gli propose di girare il film della tre giorni — Woodstock: 3 Days of Peace and Music, Oscar nel 1970 — proiettato ieri al Biografilm Festival nella versione digitalizzata “director’s cut”, ovvero come l’ha voluta l’autore, senza i tagli della produzione, in anteprima rispetto al cofanetto dvd che la Warner farà uscire il 23 giugno. «Ho lasciato il cinema da venticinque anni», racconta Wadleigh, «ora mi occupo di aiuti alle popolazioni dell’Africa e dell’Asia. Ma tutte le volte che rivedo il film mi colpisce il fatto che non appare il nome di nessuno sponsor. Oggi sarebbe impossibile, tutti sono interessati solo ai soldi, non agli ideali, E intanto il pianeta va in rovina».
E’ IL CHIODO di Wadleigh, il suo inno al 40° compleanno della Woodstock Generation, «una delle più vive del secondo ’900», cui il festival dedica il pezzo forte — un tributo — del suo programma. Ma perché Wadleigh accettò l’invito? «Per la semplice ragione che Woodstock è stata una delle culle del comunismo americano. Nel 1967 avevo girato un documentario sul partito comunista degli Stati Uniti. Quando Artie mi mostrò il logo ccon la colomba della pace sulla chitarra e mi spiegò che tutto si sarebbe svolto in una fattoria, capii che la cosa era giusta. C’erano i i tre ideali che fecero entrare il raduno nella storia: pacificismo, diritti umani, ecologia. A Woodstock la gente accorse per questo, non per la musica».
IL FILM — 216 minuti — è il riflesso di questa visione, figlia della controcultura e delle rivolte studentesche che il regista non trova più tra i giovani degli atenei di mezzo mondo, dove tiene i suoi seminari. «Ho avuto due assistenti straordinari: Martin Scorsese e la sua futura montatrice, Thelma Schoonmaker. Martin è il contrario di me, non è stato un hippie, è figlio di immigrati mentre io vengo da una famiglia borghese, io ho studiato medicina ed economia, lui cinema. Ma siamo amici, sono stato il suo fotografo per Chi sta bussando alla mia porta?. Abbiamo lavorato bene, usando soprattutto lo “split screen”, lo schermo diviso in varie inquadrature, che mi permetteva di commentare, con interviste o sequenze del pubblico, le immagini dei cantanti». Verso i quali Wadleigh fu drastico. «Ne scartai la metà, volevo i testi, le parole urlate contro la follia del potere, quelle di Crosby, Stills, Nash and Young, all’inizio, o di Jimi Hendrix, nell’indimenticabile finale».

Stasera (ore 21.30, Arlecchino) il festival torna tra i figli dei fiori con l’anteprima di Taking Woodstock di Ang Lee, dall’ autobiografia di Eliot Tiber, un altro protagonista. Da domani si inizieranno a vedere anche i film di Klaus Kinski e Groucho Marx.c. su.

photo by http://www.flickr.com/photos/bootbearwdc