
La Devia splendida Lucrezia incanta le Muse con Filianoti
Notizia pubblicata il 21 febbraio 2010
Categoria notizia : Cultura
Notizia pubblicata il 21 febbraio 2010
Categoria notizia : Cultura
Noi il “belcanto” lo scriviamo con un’unica parola, così come va inteso nella sua accezione classica: come una modalità espressiva specifica dell’interpretazione e della voce, che data dalla grande stagione del me- lodramma barocco degli evirati cantori del Settecento.
Edonismo e virtuosismo ne sono i connotati salienti: un canto fluido, morbido, ispirato e patetico da un lato; dall’altro un canto invece che si misura sull’ardito funambolismo delle figurazioni vocali, sulle cosiddette agilità di scala, sui balzi tra le ottave che l’artista “virtuoso” mette in campo fino alle siderali vette sopracute. In esso la gara è spesso tra la voce e lo strumento musicale, come nella “Lucia” donizettiana (la voce del soprano e il flauto si rincorrono).
Il “belcanto”, con le opportune “correzioni” romantiche, permea di sé le opere di Donizetti, connota di una melodia continua, scorrevole ed emozionalmente penetrante la sua “Lucrezia Borgia”. Per la quale certo sono richiesti gli interpreti più adatti, un quartetto vocale da “poetica della meraviglia”: gli interpreti insomma che ieri l’altro alla ‘prima’ (questo pomeriggio in replica) sono stati - e saranno sicuramente oggi - una compagnia di canto di incomparabile valore d’insieme.
Non finiremo mai di ringraziare il nostro direttore artistico Alessio Vlad per quanto di bello ci offre nel nostro teatro, per le sue virtù rabdomantiche di tessitore di spettacoli che , come dicevano i nostri progenitori latini, “Meminisse iuvabit”, sarà bello ricordare. Eccoli lì, allineati sul fronte del palco, per l’esecuzione in forma di concerto, i nostri paladini dall’ugola d’oro, con dietro l’orchestra e in alto il coro. C’è Mariella Devia splendida Lucrezia (la migliore dei nostri anni), la cui ugola di preziosissimo smalto fatta di suoni limpidi e flautati detta l’immacolata linea di canto che sfocia nella scena ultima (”Era desso il figlio mio”) in una malia d’ascolto senza pari.
C’è Giuseppe Filianoti – bellissima voce tenorile - che conferisce al suo Gennaro tutto il vibrante lirismo legato alla parte. (Filianoti, come da programma, ha interpretato con pieno trasporto emotivo l’impervia aria aggiunta per tenore “Anch’io provai le tenere”: dopo la quale, forse per stanchezza, ha avuto una piccola incrinatura vocale: che non ha assolutamente inficiato la sua alta prestazione). Ci sono ancora, al loro fianco, Marianna Pizzolato (Maffio Orsini) e Alex Esposito (il Duca Alfonso), a completare impeccabilmente lo splendido cast.