Michele Minisci. Naima, 25 anni non solo di musica.
Notizia pubblicata il 01 dicembre 2008
Categoria notizia : Cultura
CIRCOLO Karl Marx, Ciaika, Vecchia Stazione: tutto passa, tutto cambia. Ma un nome resta sempre: Naima. Come la moglie del grande John Coltrane, come il marchio del club musicale più pregiato di Forlì. 25 anni viscerali, fra trionfi, amarezze, esaltazioni, improvvisazioni, cambi di rotta, attese, speranze, multe, ricorsi e ore passate a bussare a porte per ottenere un contributo.
Un quarto di secolo che Michele Minisci ha voluto raccontare in un libretto, ‘La notte che si bruciò il jazz’ (Samarcanda). La veste grafica, a dir il vero, non è troppo esaltante: un club così avrebbe meritato un impatto migliore, specie dal punto di vista fotografico, comunque sono le parole a compensare le immagini. Chi a Forlì viaggia oltre la quarantina non potrà non sentirsi coinvolto, perché questo diario di bordo è la colonna sonora di parte della vita notturna della città. L’inizio al Ciaika, a San Martino in Strada, dove ora c’è l’Empyre, poi il trasferimento nel 1987 alla Vecchia Stazione di via Monte Santo, la sede chiaramente legata ai ricordi più emozionanti, anche per via del treno delle 22.05 che scuotendo il locale dava il via allo show (scandito dalle note di ‘Take the A train’ di Duke Ellington). Nel 1995 l’ultimo spostamento, nell’attuale sede di via Somalia, con una secca virata (non sempre felicissima) dal jazz al blues.
IL LIBRO ricorda le paturnie che si annidano dietro ogni singolo concerto, come la sparizione di Chet Baker nel 1988 un’oretta prima dello show, la lotta contro il tempo di Paolo Fresu, in ritardo e a rischio di sbronza delle curve del Muraglione, le bizze di Tania Maria, che chiese il cambio di hotel. E poi c’è la saga di Vinicio Capossela: lanciato dagli spettacoli al teatro Socjale di Piangipane, arriva a Forlì ancora abbastanza sconosciuto. Non ha l’attuale codazzo di personal manager, mezze guardie del corpo: è un ragazzo disponibile, tanto che nel 1997 in via Somalia registra Livinvolvo. Ma una volta diventato famoso fatalmente sparirà attratto dalle luci dei grandi palcoscenici. L’ultimo regalo: la postfazione a questo libro. E verrebbe da dire, suonala ancora, Vinicio. Magari al Naima.
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