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La cucina, leva del turismo. Esperti di ristorazione a confronto: la qualità è sviluppo

Notizia pubblicata il 11 ottobre 2009



Categoria notizia : Turismo


La ristorazione è uno dei punti qualificanti di un territorio. I problemi che attraversa il settore, quali sono le ricette per uscirne, sono stati discussi con lo chef Igles Corelli; con Adriano Facchini, esperto di marketing e Anton Slanzi Gamper, titolare di un agriturismo.

la Nuova. La ristorazione in questi anni è cambiata notevolmente. Sono nate una miriade di sagre spesso viste non di buon occhio dai ristoratori. La buona tavola anche dalle nostre parti è ancora un punto di eccellenza?
Facchini. Ferrara è una città che ha come icone le biciclette e il pane. Personalmente ho identificato nella ristorazione all'aperto un fenomeno che mi incuriosiva, che andava studiato. Nel 2002 ho ideato l'associazione delle sagre. In questi anni ne sono nate un numero incredibile segno inequivocabile di un successo crescente. Ritengo sia importante utilizzare i ristoratori per collaudare le sagre. In quanto alla qualità nelle sagre questa c'è assolutamente. Provare per credere.
Corelli. Il ristorante così com'è risulta vecchio, superato, deve cambiare formula. La gente mangia meno, vuole farlo in modo veloce e non è disposta a spendere tanto per non parlare dei consumi del vino vertiginosamente in calo per paura dei controlli sulle strade. La gente desidera mangiare cose nuove. Funzionano i locali alternativi ma a Ferrara, a parte il Don Giovanni, non ci sono al contrario di quel che sta accadendo a Roma o Milano per esempio. Qui esiste la cultura del brutto in assoluto. Se penso ad una città culturale mi vengono in mente Roma, Venezia, Firenze. Occorre sfruttare il Parco del Delta, è unico, si tratta di un territorio innovativo, tra l'altro patrimonio mondiale dell'Unesco, l'investimento forte andrebbe fatto lì invece assisto a molte chiacchiere e a pochi fatti.
Slanzi. L'Emilia-Romagna e di conseguenza anche il Ferrarese sono viste agli occhi dei visitatori come un territorio dove si vive bene e si mangia altrettanto bene. In buona parte è ancora così ma ci si deve sforzare continuamente nel proporre una ristorazione di qualità rispettando la stagionalità e proponendo prodotti locali.
la Nuova. In tempo di crisi come l'attuale cosa si può fare per uscirne?
Facchini. Per le sagre non spira certo il vento della crisi. Le sessantaquattro di tre regioni (Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia) e di cinque province (Ferrara, Bologna, Modena, Mantova e Rovigo) che compongono l'associazione complessivamente fanno registrare oltre 300 mila pasti. I commensali che vi si recano trovano la qualità ad un equo prezzo. In calo sono soltanto i consumi del vino. Ci si sforza cercando di innovarsi tenendo sempre la barra dritta della qualità.
Corelli. La crisi si fa sentire. Lo dicevo prima, la gente non vuole più spendere tanto diciamo che la maggioranza intende spendere una cifra non superiore ai 30 euro. Per quanto concerne il territorio occorre puntare su prodotti quali l'anguilla, la zucca, l'asparago, il melone, ma soprattutto il tartufo e la cacciagione di valle. Altro che 17 perle di cui sento parlare da anni. Occorre concentrarsi su pochi prodotti e non disperdere le energie. Sono questi i prodotti trainanti. La salamina da sugo che è una nostra eccellenza, fuori Ferrara sono in pochi ad apprezzarla. Basta andare a Bologna o a Modena per rendersene conto.
Slanzi. Le presenze sono mordi e fuggi. C'è movimento soltanto nel fine settimana. Gli stranieri si vedono con il contagocce. Cerchiamo di servire prodotti locali a cominciare dallo yogurt e dalle marmellate a colazione per continuare nel segno della freschezza e genuinità dei prodotti. Questa è la strada vincente che bisogna battere.
la Nuova. A Ferrara però le potenzialità non mancano di certo. Tutti riconoscono la bellezza della città e la sua vivibilità oltre che alcuni prodotti simbolo dal pane ai cappellacci di zucca, dal pasticcio alla ferrarese al salame all'aglio. Che cosa manca?
Facchini. Il ferrarese ha una potenzialità turistica notevole ma non sa fare «sistema» o «squadra» e lo dice uno che ha lavorato per anni in giro per l'Italia. Basta guardare in Emilia quanto accade a Rimini oppure rimanendo nell'agroalimentare a Parma dove con prosciutto, parmigiano e culatello si sono fatti conoscere in tutto il mondo tanto da meritarsi la sede dell'autorità europea in campo alimentare. Cito la ciclabile Destra Po. Un'idea innovativa ma è rimasto un contenitore vuoto. Non ci sono aree di sosta, punti di ristoro. Non basta che ci sia una strada, bisogna inventarsi qualcosa. Occorre pensare al contenitore, avere le idee chiare e poi riempirlo di contenuti. Vanno bene le mostre ma bisogna abbinarle ad altro, escursioni sul territorio, visite ai giacimenti enogastronomiche, tappe nei ristoranti o nelle sagre. E' un mondo amcora tutto da scoprire, inesplorato.
Corelli. Avevamo la fortuna di avere «Il Trigabolo» poi «Saperi e Sapori» che è stata la madre di tutte le manifestazioni ed ancora «A Tavola con il Principe» ma tutto è finito male a causa delle solite invidie. Dicono che costava troppo. La manifestazione è costata un miliardo ed un miliardo, anche grazie agli sponsor è rientrato. Se hai l'avvenimento clou i grossi sponsor ti seguono. A Ferrara ho giurato di non fare più nulla. Non c'è l'humus. Sono d'accordo, non si riesce a fare squadra, prevalgono i personalismi. La ristorazione non è migliorata. Tu devi essere nei posti giusti. Siamo andati qualche anno al salone del Gusto a Torino poi l'abbiamo abbandonato per andare a promuovere la salamina in Svezia piuttosto che in Danimarca o in Olanda pensando non so a che cosa. Mi chiedo se tutto questo ha senso. L'Umbria ha puntato su Gianfranco Vissani come testimonial per promuovere il territorio. Qui non si capisce quello che si ha.
Slanzi. Manca un'immagine compatta. Da altre parti e cito il caso dell'Alto Adige che ben conosco, non è così. Ognuno fa la propria parte e c'è un disegno comune ed i risultati arrivano. Ogni maso vende i prodotti che coltiva nella propria terra e l'ospite negli agriturismi può degustare i prodotti del territorio dai formaggi allo speck per finire con la frutta. Qui siamo solo agli inizi.
la Nuova. Cosa prevedete per il futuro della ristorazione ferarrese?
Facchini. Il cibo è indubbiamente la ricetta del futuro. Se riuscissimo a creare dei collegamenti potrebbe essere una strada vincente.