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L'oro è nei rifiuti, un business da 45 miliardi

Notizia pubblicata il 03 novembre 2008



Categoria notizia : Turismo


Per fortuna che pecunia non olet. Perché il nuovo bene rifugio in tempi di crisi è nascosto tra i cassonetti dei rifiuti. L' immondizia che, fuori discarica e ben differenziata, vale più dell' oro. E non sente i contraccolpi della crisi economica, la volatilità dei mercati e del prezzo del greggio.

Anzi l' industria del riciclo viaggia a gonfie vele con un fatturato - escludendo i termovalorizzatori superiore a 45 miliardi di euro, pari al 3% del Pil nazionale. Acciaio, alluminio, carta, legno, plastica: scarti risparmiati alla lunga morte in discarica e che rinascono tornando a impacchettare merci o come materie prime di "seconda mano". Provengono da rottame e da materiali di recupero oltre il 60% della produzione nazionale di acciaio, il 75% dell' alluminio, il 70% dei pannelli per mobili, il 55% della produzione cartaria, il 45% della plastica.

Un risparmio per le casse dell' industria e un guadagno per l' ambiente. In attesa del sogno del "packaging zero", è in pieno fermento la parte alta della filiera, quella che fornisce la materia prima, recuperando e preparando le merci per la loro seconda vita. Nel 2007, 33 milioni di tonnellate sono state riciclate da vari materiali. Solo gli imballaggi incidono per il 22%, «Dieci anni fa, alla nascita del Conai - ricorda Piero Perron, presidente del Consorzio nazionale imballaggi che compra i rifiuti dalle amministrazioni e li vende alle aziende del riciclo la quota era ferma al 14%. In questo periodo la percentuale dei volumi degli imballaggi riciclati è cresciuta del 114%.

Il canale dei rifiuti urbani è più che triplicato, oggi al 41% sul totale, mentre il resto è di derivazione industriale. Sono stati compiuti passi incredibili grazie agli accordi con i comuni contribuendo alla riduzione di almeno 5 milioni di tonnellate di emissioni di Co2 all' anno. Negli ultimi 12 mesi, poi, il sistema Conai ha avviato a recupero il 67% delle merci immesse a consumo. Il che significa che solo un terzo finisce ancora in discarica ». Il settore è vitale e dinamico ma resta estremamente polverizzato. Gli operatori che separano, pressano e stoccano le merci sono circa 3.400. Un frazionamento che non accenna a diminuire, mentre negli Usa, dove il riciclo vale 280 miliardi di dollari, ma anche in casa dei cugini francesi, il mercato è dominato da grandi multinazionali.

Nel giro di 4 anni le imprese sono aumentate di 400 unità. Di aggregazioni neanche a parlarne. È cresciuto però anche il fatturato complessivo, oggi pari a 4,7 miliardi, e quello medio, passando 0,8 milioni a 1,3 milioni. Ma il 50% delle micro e piccole imprese ha ricavi per meno di 500 mila euro. «Non è facile sviluppare un' economia di scala in questo comparto continua Perron perché gli impianti sono ancora piccoli e presidiano i territori. E soprattutto perché l' Italia continua a viaggiare a due velocità, con il Sud ancora molto indietro rispetto al Nord, dove sono concentrati il 60% dei 300 impianti di riciclo e circa la metà delle aziende». Per questa ragione Conai sta puntando la bussola verso Sud. Con l' obiettivo di far diventare l' emergenza rifiuti un' opportunità: creazione di impresa e posti di lavoro contro il dilagare dell' illegalità nella gestione dell' immondizia. Oggi al Nord la raccolta differenziata supera il 40% del totale, mentre il al Sud è fermo al 10%, con soglie minime del 6% in regioni come la Sicilia. «Un divario che stiamo cercando di colmare. Abbiamo appena firmato un accordo con il comune di Caserta sul modello di quello di Salerno, dove in pochi anni abbiamo ribaltato la situazione. Formazione e supporto alle amministrazioni che hanno voglia di impegnarsi, ecco la nostra ricetta».

Le nuove iniziative per implementare il Piano Sud, passeranno in rassegna ad Ecomondo, la fiera sul recupero di materia e di energia sullo sviluppo sostenibile, che si terrà a Rimini dal 5 all' 8 novembre. «Il Sud - spiega Perron potrebbe infatti trarre importanti risultati a fronte di un impegno concreto di implementazione della raccolta differenziata che potrebbe trasformarsi in un primo ma essenziale step per attivare un volano per l' economia di queste aree».

Le strategie messe in campo vanno dalla formazione al sostegno delle start up e all' innovazione tecnologia. In cantiere ci sono meccanismi premianti per chi investe in tecnologie, come l' erogazione di finanziamenti per l' installazione di selettori amagnetici di alluminio e detettori per la selezioni delle plastiche nei contenitori per liquidi e insieme sistemi di premi e sanzioni per la promozione di certificazione ambientale. Le chance di sviluppo non mancano. Non solo per quel 33% di quota di imballaggi che ancora finisce in discarica. Ma anche per nuovi sbocchi di mercato. Sui prodotti innanzitutto: «Frazioni che un tempo venivano considerate come scarti di selezione, oggi hanno un valore, come i film delle plastiche, o la sabbia di vetro utilizzata per la ceramiche». E c' è anche spazio per l' export: «Il mercato dei maceri della carta è un caso scuola.

Oggi l' Italia arriva addirittura a esportare materiale riciclato. Con l' impegno di tutti, comuni, imprese e cittadini il valore aggiunto della sostenibilità può diventare molto alto». In mezzo a un comparto di imprese frammentato esistono successi emblematici come Saviola che da realtà artigianale, grazie al riciclo del legno è diventa una realtà industriale da 850 milioni di euro e 1700 dipendenti; o Freudenberg, multinazionale da 5 miliardi di euro, che ha sede operativa in Italia, e che ricicla bottiglie di Pet.

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