Il cavallo d’acciaio che conquistò la Romagna
Notizia pubblicata il 30 marzo 2009
Categoria notizia : Fatti Curiosi
FRA I MOLTI interessi extra professionali di Michele Raffaelli, il ciclismo ha avuto sempre un ruolo importante. Non stupisce perciò il tema del suo ultimo libro: ‘La bicicletta: una novella Musa in Terra di Romagna’.
Un libro di piccole dimensioni, più o meno come un saggio, ma che poggia anche su ricordi personali, come amicizie, incontri, dialoghi (ad esempio con Gino Bartali) e su caricature di ciclisti disegnate dallo stesso scrittore. Accanto ai ritratti caricaturali di Coppi e Bartali compaiono anche quelli di poeti, giornalisti, narratori romagnoli, come Marino Moretti, Alfredo Oriani, Alfredo Panzini, Giovanni Pascoli, Olindo Guerrini, Aldo Spallicci, Renato Serra, Giuseppe Ambrosini. Perché questi personaggi? La risposta è semplice: ognuno di loro ha avuto nel cuore la bicicletta e questo amore è stato tradotto attraverso gli scritti.
Il ‘cavallo d’acciaio’ compare nei versi di Guerrini (oggi scolpiti sulla base del monumento al ciclista sul Monte Trebbio), di Francesco Bizzocchi, un frate che nel 1902 ebbe l’ardire di scrivere un’ode alla bicicletta in un periodo in cui era severamente proibito ai sacerdoti l’uso di questo mezzo di locomozione pena la sospensione ‘a divinis’, Luigi Graziani (un professore di latino che scrisse due poemetti: ‘Bicyclula’ e ‘In re ciclistica Satan’), senza dimenticare poi l’ode di Pascoli e le poesie dialettali di Spallicci.
La bicicletta, dunque, questo mezzo di locomozione tanto diffusa in Romagna da lasciare la gente col fiato sospeso durante i duelli di due fuoriclasse come furono Coppi e Bartali. Raffaelli, a questo punto, con rimpianto fa notare che oggi la gente s’interessa poco del ciclismo e solo sporadicamente segue alla Tv qualche gara o qualche tappa del Giro d’Italia. E allora il fiume di ricordi assale lo scrittore: le leggendarie fughe o le impervie scalate, i Tour che fecero storia, i nomi di Bobet, Binda, Girardengo, Gimondi, Mercks, il dualismo Saronni-Moser, Magni, Koblet, Anquetil. E poi Michele Gordini, Ercole Baldini, Arnaldo Pambianco e Marco Pantani.
Quale sarà il futuro del ciclismo in un momento in cui imperano le tecnologie? Potrà recuperare una sua identità? Raffaelli risponde: «Il ciclismo potrà vivere ancora nel cuore delle folle e recuperare la sua antica popolarità se saprà essere fedele alle sue origini, se sarà ancora in grado di inventare ‘qualcosa di nuovo dal sapore antico’ e di annullare l’architettura statica della corsa, che si nutre così spesso dell’appiattimento tecnologico».
foto by http://www.flickr.com/photos/maxnegro/