
Salinger addio al mito
Notizia pubblicata il 29 gennaio 2010
Categoria notizia : Fatti Curiosi
Jerome David Salinger è morto a novantuno anni e non ci resta che continuare a leggere "Il Giovane Holden" per provare a capire chi fosse e, soprattutto, per ritrovare ogni volta quella sospensione incerta, forse angosciata, della vita che attraversa il romanzo e ha segnato l’esistenza dello scrittore e la sua ricerca di una verità.
A costo di allontanarsi dal mondo, in una egotica ricerca che via via ha preso le più alternative delle strade, verso le filosofie orientali dell’illuminazione e del superamento della occidentale e borghese dualità del corpo e dello spirito.
A costo di rinchiudersi e di rinchiudere con lui i figli e le donne che hanno convissuto nell’esilio di Cornish, nel New Hampshire. A quel libro, in un intreccio ambiguo e misterioso, è legata la fama di uno scrittore che poco pubblicò e che sottopose la sua esistenza a un’opera meticolosa di sottrazione e di auto-esclusione. È difficile separare l’uno dall’altra e, dunque, a un rimando che tanto illumina quanto confonde, quasi che quel libro e i non molti racconti che Salinger fece pubblicare - emerga come lo strato superficiale di un iceberg e al tempo stesso lasci intravedere, intuire profondità ascose e inattingibili.
ERA NATO a New York, un padre ebreo commerciante di carni e una madre scozzese-irlandese. Da lì comincia una parabola sempre sotto il segno della provvisorietà e della mancanza, del nascondimento.
Salinger studia con intermittenze, il suo talento lo impone all’attenzione di riviste autorevoli, il suo primo racconto è già un indizio di quello che sarà "The Young Folks", giovani che vagano senza una metà nella vita , va in guerra e la visione dei lager si imprime nella sua anima, forse marchiandola per sempre con un trauma che resterà, un racconto "Bananafish" e, poi, nel 51 appare "Il Giovane Holden", titolo italiano che non rende il gioco linguistico e gli strati contenuti nell’originale The Catcher in the Rye.
Un’onda d’urto, un successo che è pari alla novità anticonvenzionale di una storia che racconta del vagare incerto di uno spirito adolescenziale, e al fluire di una scrittura che elabora con maniacale dettaglio il caso e la necessità dei pensieri e dei ricordi.
Sedici anni, Holden Caul Caulfield, i disastri della scuola in Pennsylvania da c ui viene espulso, il divagare per New York, alberghi cadenti, bar, ragazze, taxi, conversazioni che cominciano ma non finiscono, incontri che non si chiudono, ex compagni che lo detestano, la tentazione poi rifiutata di una prostituta, il professor Antolini che forse lo insidia in una notte, e poi la sorella prediletta, Phoebe, con cui riesce a parlare, lo squarcio che si apre sul mondo dell’infanzia e, al tempo stesso, il desiderio di fuggire con lei, il sogno della libertà e, subito, la disillusione, perchè le fughe degli adolescenti falliscono sempre, il ritorno a casa, dal padre. Alla fine, veniamo a sarere che Holden viene curato per esaurimento nervoso e che a a settembre dovrà tornare a scuola. Forse, esattamente come nella vita di Jerome David Salinger