'La mia prossima canzone è per Re Enzo' Dalla si esibirà il 30 marzo durante i festeggiamenti della rinata Garisenda
Notizia pubblicata il 03 marzo 2009
Categoria notizia : Eventi
IL TELEFONO squilla, è Roberto Roversi. Lucio Dalla sta preparando anche con lui l’evento del 30 che celebra la fine del progetto, ultradecennale, di consolidamento della Garisenda.
«Piera Degli Esposti e Marco Alemanno leggeranno poesie dell’epoca in cui la torre venne eretta (siamo nell’ultimo ventennio dell’XI secolo - ndr) e io canterò un testo su Re Enzo che metterò anche nel prossimo disco in uscita a fine ottobre. Sono tutti inediti miei però c’è questa canzone fatta con Roversi che m’intriga molto». Alla vigilia del suo 66° compleanno, il cantante, autore, artista tout cours d’eclettici interessi e sfaccettata espressività, è indaffarato ed entusiasta come un ragazzino che non ha né tempo né voglia di guardarsi indietro per tirare delle somme né soffermarsi sull’inesorabile tempo che passa. «Domani staccherò come sempre il telefono. E’ una data senza alcun epos per me. Ancor di più dopo Sanremo, sul cui palco ho decodificato la canzone dedicata alla mia data di nascita, ne ho normalizzato il mito, dandolo in pasto alle voci del pubblico anche per sottolineare che amo e rispetto chi mi identifica con quel brano, ma c’è anche dell’altro e di meglio».
COSI’ SEMBRA quasi più importante il pomeriggio odierno quando magister Lucio si siederà sulla cattedra del Centro Internazionale della Canzone d’Autore per la seconda lezione del laboratorio Mio fratello è figlio unico (ore 15, aula magna Accademia Belle Arti, via Belle Arti 54) in compagnia di Marco Alemanno e Francesco Giardinazzo.
Ma il talento si può trasmettere?
«Le cose che nascono per essere comunicate poggiano senz’altro sul talento e l’ispirazione ma anche se non possono essere insegnate, obbediscono comunque a un decalogo, a una griglia. Una griglia che chi fa questo mestiere da tanto tempo deve riversare sui giovani. Farò leggere una cosa che ho scritto casualmente e darò dei consigli letterario-canzologici».
Ma qual è il mix vincente che rende chi scrive un grande autore?
«Sul tema ho una posizione contraria a molti colleghi. Io non ho paura del contemporaneo anche se apparentemente ho una valutazione ostile ai fenomeni che non ci vedono nemmeno più protagonisti ma semplici oggetti. Però è ugualmente importante esserci dentro e non bisogna far finta che questa realtà non esista. E a ben guardare questa società ha il vantaggio delle mutazioni che vale la pena provare a trasformare in un linguaggio che draghi il buio odierno, schivandone però i serpenti e le trappole per volpi. Il consiglio che do a chi tenta la fatica di raccontare la nostra società è comunque di raccontarla. E’ lo stesso discorso che si può fare a proposito della politica».
Ecco, appunto, la politica. Bologna sta per scegliere il dopo-Cofferati. Chi le piace?
«Da bolognese dico che non è un momento facile, da votante mi sento però estraneo perché non ho capito su quali aspetti si sta giocando la contesa. Posso dire che non mi piacerebbe che prevalessero le logiche partitiche ma a parte Delbono che è l’unico connotato politicamente, gli altri, Cazzola e Guazzaloca, sbandierano un’autonomia che però non mi sono ancora applicato a capire esattamente in che cosa consista. Direi che bisogna votare un programma che faccia gli interessi della gente».
Cofferati l’ha fatto?
«Io non lo conoscevo prima che arrivasse qua e non ho avuto modo di approfondire i contatti durante il mandato. Dico che non è facile per nessuno fare il sindaco anche se ho stima per diversi di loro: Chiamparino, per esempio. Ho lavorato col candidato fiorentino Renzi e anche lui mi sembra adatto a fare questo mestiere. Cofferati come uomo credo valga ma non so con che motivazioni sia arrivato qua: sarebbe come se io fossi mandato a fare la guida alpina, magari riesco pure ma non è quello che ho dentro.... Nella fattispecie mi sembra che il problema maggiore sia stato di comunicazione più che di contenuti, che nelle intenzione erano pure giusti. Chi ricopre quel ruolo deve anche essere un comunicatore. E questa giunta nel suo insieme mi sembra sia stata carente sotto questo profilo. Speriamo in qualcosa di strategicamente migliore nelle prossime elezioni».
Com’è stato il ritorno a Sanremo, sia pure fuori concorso?
«Un giorno solo è come fare una cosa diversa dal solito cinema serale. Ho grande rispetto per Bonolis e ho scoperto Laurenti che è stato senz’altro il miglior cantante del festival. Non a caso l’ho voluto sul palco con me. E poi mi ha fatto piacere accompagnare Iskra che è senz’altro più brava di quella che è apparsa sul palco. L’emozione gioca brutti scherzi a tutte le età».
Da quell’osservatorio, ma non solo, che panorama musicale vede intorno a sé in Italia?
«Onestamente è una situazione tombale per la musica di qualità. L’unico che porta avanti una sua ricerca è Samuele Bersani. E sono orgoglioso di essere stato io il primo ad avergli fatto fare un disco. Ma anche adesso che lavora da solo sta facendo qualcosa di buono, d’innovativo. In questo periodo sta registrando nei miei studi il nuovo album e quando scendo ad ascoltarlo mi incanto: è un disco bellissimo che, se le cose vanno come devono andare, avrà un grande successo».
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