Instinto Tango Y Musical con Erica Boaglio e Adrian Aragon
Notizia pubblicata il 06 febbraio 2008
Categoria notizia : Spettacoli
L'UNICA DOMANDA a cui non risponde é quella su come si sono incontrati col marito Astor. «Per sapere questo - dice ridendo Laura Escalada, vedova del compositore, virtuosista del bandoneon - dovrete venire a Buenos Aires col porcellino pieno di soldi. Per il resto vi ho detto tutto».
«Maria é l'essenza di Astor e del tango»
La vedova Piazzolla presenta l'«operita»
Effettivamente la signora Piazzolla, presentando l'operita Maria de Buenos Aires scritta dal marito nel linguaggio del nuevo tango di cui é padre, con Horacio Ferrer e andata in scena per la prima volta nella capitale argentina nel 1968, ( a Bologna si potrà vedere il 17 prossimo alle 21 al Teatro delle Celebrazioni col sostegno di Fondazione Carisbo), ha raccontato molta della sua vita con l'uomo che ha rivoluzionato il tango. Ha regalato aneddoti e dispensato pillole di saggezza amorosa, permeando di magìa una chiacchierata di un'ora che in verità era una conferenza stampa. Ha celebrato il genio del Maestro e la sua generosità , raccontato le sue vicende con tutti gli ostacoli che sono poi divenuti opportunità , ricordato l'esilio, l'impegno per i giovani. E ha parlato di tango come metafora della vita e dell'amore, mettendo naturalmente al centro la storia di questo lavoro di Piazzolla di reinvenzione del teatro d'opera «Il tango – dice la signora Laura - é l'unica invenzione maschile dove domina la donna. Ora é diventata davvero per metà maschile e per metà femminile. Ognuno ascolta l'altro. Il ragazzo argentino oggi si occupa dei figli perchè la donna lavora ed é capace di essere la metà . Il maschio non é più padrone di tutto… Nel tango conduce l'uomo e non esistono coreografie…,nascono lì per lì, se la partner lo segue».
LA TANGO OPERITA, ispirata e dedicata a Milva, rivive come nella prima esecuzione di quarant'anni fa, attraverso la ricostruzione filologica di questa signora piena di energia e istinto. Con una partitura scritta per un'orchestra non comune, formata da quintetto d'archi, flauto, pianoforte, chitarra, bandoneon, batteria, marimba e vibrafono, verrà rappresentata in forma semi-scenica, con tutti i musicisti presenti sul palco insieme alle voci soliste e al coro, ovvero un intero cast di artisti argentini, il Quinteto Fundacion Astor Piazzolla di Buenos Aires, l' Ensemble e il Coro.
SE LAURA ESCALADA, che ha vissuto accanto a Piazzolla dal 1976 fino al 1992, anno della sua morte, emana immediata simpatia e e trasmette uno spirito poetico e magico, forse non c'é da stupirsi. Il suo paese del resto é così. E Maria de Buenos Aires é una storia intrisa di questi elementi. Prende spunto da una sorta di leggenda metropolitana che narra di Maria, operaia, che, dopo essere diventata una cantante di tango, diventa una prostituta e muore giovane. Viene seppellita negli anni Dieci e su di lei crescerà la città di Buenos Aires. Il suo personaggio é parte dell'immaginario degli abitanti della capitale e Ferrer, nel suo racconto, la colloca nella modernità tra una serie di personaggi surreali come il Bandoneon, un demone che seduce Maria. Tutta la narrazione é poi intrisa di simbologie numeriche, mescola sacro e profano, ipotizza un esercito organizzato di psicoanalisti. Siamo negli anni Sessanta, in piena crisi economica.
« ALL'INIZIO – racconta la vedova Piazzolla - quando Astor scriveva le sue cose lo consideravano un assassino del tango… Ricordo una volta un tassista che non volle farlo salire. In Argentina si diceva che il suo tango non si poteva ballare ma lo ballava tutto il mondo… e nel 1976 dovemmo lasciare il nostro paese e andammo in esilio a Parigi… ma tutte le cose negative ne portano di positive». Per Piazzolla, che di lei diceva spesso “che audace la mia signoraâ€, Laura é stata una figura molto preziosa che ha saputo raccogliere questa eredità e portarla avanti. «L'idea di riportare 'Maria' a una forma pura - spiega - senza distrazioni con qualcuno che balla, l'ho avuta nel 2003. Perchè questa é musica magica e si deve sentire. Si fa senza intervallo e senza applausi». E rispetto al termine “operitaâ€, ovvero operetta, chiarisce: «E' un diminutivo che non vuole essere una sfida. Solitamente é vista come genere minore, ma nella nostra lingua, il lunfardo, sviluppatosi dentro al castigliano, é una parola dolce che sottolinea bene l'uso delle voci, mai liriche e difficili». Semplicemente il linguaggio del tango.