Muse al ritmo di Hindemith. Piace l’allestimento di Vlad. Gramillano: teatro da utilizzare di più
Notizia pubblicata il 23 gennaio 2010
Categoria notizia : Cultura
Ancona. Il tempo, tiranno sempre, la sera della “prima” sembra correre più in fretta. Se poi il parcheggio è già pieno, il tempo sembra un velocista. Fugge e non s'arresta. È tardi, bisogna andare, bisogna entrare. La sera della prima, stavolta, ripete in scena il ritmo del nostro cuore, affannato per arrivare in tempo. Il sipario si solleva, ed ecco, il tempo riprende a scorrere, con un altro ritmo, non più dentro di noi, nel battito del cuore trafelato, ma fuori, lì davanti, in scena.
Hin un Zurück di Paul Hindemith, l'opera minima, di soli dodici minuti con cui si è aperta la serata e la stagione lirica alle Muse, nelle scene e nella conduzione registica di Stefano Poda è tutto uno scandire i secondi che passano, che ci separano dal volgere degli eventi, che poi si riavvolgono su se stessi per riportare tutti alla condizione iniziale, senza traumi, solo con un fosco, metallico attraversamento della tragedia fino al più truce epilogo. Un palindromo in musica, è questo Hin un Zurück, opera apologo, corrusca e lancinante, in cui Poda mette in scena, sul modello dello schema narrativo, a specchio, un gruppo di “replicanti”, oggi si direbbe avatar, che fanno da contrappunto al gruppo dei cantanti. Cantanti davvero attori, più ancora che in questa opera, in quella che la segue – L'heure espagnole di Ravel - e che ci porta in un'atmosfera diversa, passionale ed emozionale, ma cui Poda attribuisce, con pochi sapienti cambiamenti di scena, mentre l'Orchestra Filarmonica Marchigiana accorda gli strumenti, una graffiante, arcaica suggestiva ambientazione.
Davvero poco, è il tempo che scorre per noi: oggettivo, ma anche soggettivo. Breve è la seconda opera, meno di un'ora, ma a chi ascolta il tempo sembra volare. L'epilogo è festosa constatazione non solo della forza del mulattiere, valido trasportatore di orologi e amante, ma anche della agile, divertita tessitura di Ravel, piena di citazioni e memoria, di cui il grande Bruno Bartoletti asseconda brio e autoironia.
Non tutti mostrano di stare al gioco, tra il pubblico. Restano stupefatti allo scoppio degli applausi, non proprio tutti convinti che quello cui hanno assistito sia un'arguta accoppiata di due godibili divertimenti in musica. Ma la scelta dell'abbinamento è di quelle che non si dimenticano.
La scena grigia di ingranaggi giganteschi è ricoperta di petali rossi, alla fine, come la grande gonna di Sonia Ganassi, l'interprete principale delle due opere, che raccoglie con un mazzo di rose rosse gli applausi, quasi cinque minuti, di chi ha gradito questa nuova sortita nella lirica contemporanea.
E Fiorello Gramillano, che non nascondeva prima dell'inizio un'emozione inevitabile, ad aprire da sindaco la prima stagione lirica delle Muse, conferma la sua soddisfazione per una stagione che finora aveva visto soltanto sulla carta. “Mi è piaciuta fin dalla prima bozza che Vlad mi ha presentato”. E poi la riflessione: “Questo teatro bisogna farlo lavorare molto di più. Ha delle grosse potenzialità, bisogna farne un contenitore di spettacoli continui. Lo chiede la città, lo chiede il territorio. E conto quindi, anche grazie a un'attività molto più intensa, di riportare al pareggio il bilancio entro un paio di stagioni”. Parola di sindaco