Haber al Bonci in un dramma di Anton Cechov Da stasera in scena Platonov
Notizia pubblicata il 29 gennaio 2009
Categoria notizia : Spettacoli
DA STASERA a domenica al Bonci va in scena “Platonov”, un dramma di Anton Cechov — prodotto da Nuova Scena Teatro Stabile di Bologna e da Emilia Romagna Teatro Fondazione — con Alessandro Haber nei panni del protagonista. La regia è di Nanni Garella, la scenografia di Antonio Fiorentino.
Lo spettacolo proviene dalla riduzione essenziale ed efficace di un manoscritto inedito del grande drammaturgo russo che aveva accumulato caoticamente un materiale — denso però di spunti e tracce preziosissime — per delineare la singolare psicologia dei personaggi, resi ora attuali nella rappresentazione del palcoscenico.Infatti, secondo le note di regia, le vicende sono ambientate sempre nell’Unione Sovietica, ma nel periodo storico della caduta del muro di Berlino nel clima della conquistata libertà e dopo la dittatura, nello spirito della Perestroika coinvolgendo Platonov, miserabile Don Giovanni di provincia. Ma per quanto si riferisce in maniera specifica all’inclinazione dello scrittore va precisato che se per un verso si riferiva alla tradizionale narrativa russa, si apriva contemporaneamente all’influsso di tutte le correnti letterarie moderne con le relative implicazioni nevrotiche. E così Zio Vanja, a ben guardare, diventava il naturale sviluppo della psicologia di Platonov riscoperto soltanto ai nostri giorni.
DEL RESTO Cechov queste complicazioni psicologiche le portava nella pelle come tatuaggio. Proprio lui “allegro malinconico”, errabondo gabbiano che non sapeva dove posarsi, secondo il rimprovero dolcissimo della moglie Olga, ma che avrebbe creato capolavori all’apparenza semplici e meravigliosamente intriganti nella sostanza. In quest’opera teatrale poi Cechov si calava, con la naturale irruenza giovanile, ribellandosi a un mondo arido dove il conflitto fra nobiltà e borghesia pareva insolubile se non con la conclusione pessimistica del suicidio come estremo rimedio.
E ora Haber, riconosciuto come ideale interprete di Cechov per la propria duttilità, dà volto e spirito a un Platonov amletico, intelligente e beffardo, anticonformista, incarnato in un Don Giovanni di serie B, dedito all’alcol, al vizio, esausto quasi al limite dell’impotenza, sposo di Anna giovane e capricciosa figlia di un generale (ma soltanto per la scalata al potere) eppure maldestramente intento sotto i suoi occhi a progettare una fuga alternativamente con tre donne.
«QUEL CHE STUPISCE — commenta — è proprio la maturità dello sguardo di Cechov nei confronti dei rivolgimenti sociali che stavano avvenendo». E così sul palcoscenico l’inquadramento relativo non è molto lontano dal nostro mondo, un mondo di decadenza, con gravi problemi economici e gravi conseguenze. E Garella, dopo aver eliminato molti personaggi superflui all’essenzialità drammaturgica, ne attualizza sia i movimenti corporei e il linguaggio, mentre Haber in una aspetto sgretolato, malfermo sulle gambe e balbettante, appare in una scena in mutande, grottesco nell’aspetto esteriore eppure quasi commovente nel suo squallore. Simbolo in carne e ossa di vittima predestinata a un epilogo senza ritorno.
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