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Google punito per video choc Gli Usa: sotto tiro il web libero

Notizia pubblicata il 25 febbraio 2010



Categoria notizia : Fatti Curiosi


Riconosciuto ildolo di profitto,ma il motore di ricerca non aveva l'obbligo di controllo

Ci fu violazione della privacy, ma non diffamazione aggravata. Quel video, che nel 2006 riprendeva un ragazzino autistico insultato dai compagni di scuola e che rimase quasi un mese on line, costa a Google una condanna e un'assoluzione storiche.

Il giudice della IV sezione penale del Tribunale di Milano, Oscar Magi (lo stesso del processo Abu Omar, ndr) ha condannato tre dirigenti del colosso americano a sei mesi di reclusione, pena sospesa e niente carcere quindi, per aver diffuso i dati sensibili e li ha allo stesso tempo assolti, insieme a un quarto dirigente, dal reati di concorso in diffamazione aggravata.

È stato quindi riconosciuto come provato il dolo di profitto e cioè il fatto che i video on line - Youtube non era stata ancora acquisita - permettevano un guadagno dalla pubblicità. La legge italiana prevede che le aziende debbano chiedere consenso nel trattamento dei dati sensibili in virtù di un eventuale guadagno. Non spettava al motore di ricerca, invece, il controllo del contenuto del filmato e quindi il concorso in diffamazione aggravata - con gli studenti che umiliarono il loro compagno - non sussiste. Il giudice ha disposto inoltre la pubblicazione per estratto della sentenza su Corriere della Sera, Repubblica e Stampa.

Non hanno ottenuto risarcimenti le due parti civili costituite, ossia il comune di Milano e l'associazione “Vividown”, poiché la loro posizione era legata solo al reato di diffamazione contestato agli imputati. La famiglia della vittima aveva ritirato la querela nei confronti dei dirigenti di Google dopo un risarcimento. «Siamo molto soddisfatti perchè con questo processo abbiamo posto un problema serio, ossia - commentano il procuratore aggiunto di Milano Alfredo Robledo e il Pm Francesco Cajani che avevano chiesto condanne fino a un anno - la tutela della persona umana che deve prevalere sulla logica di impresa ».

Parla di «un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito internet» il portavoce di Google, Marco Pancini. «Non è passato il principio sostenuto dai Pm, ovvero quello dell'obbligo di una censura preventiva sui contenuti pubblicati in rete» dicono invece gli avvocati Giuliano Pisapia e Giuseppe Vaciago

Foto By www.google.it