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Ridò volto a una moda senza tempo

Notizia pubblicata il 20 agosto 2009



Categoria notizia : Fatti Curiosi


IL PROBLEMA è che una volta la moda era la Moda. Una questione strettamente legata alla cultura, al tempo in cui la cultura, quella sì, faceva tendenza. Poi qualcosa è cambiato e il colore più trendy, adatto a ogni stagione, è diventato quello dei soldi. Per fortuna però c’è la memoria della pellicola.

Per fortuna c’è il bolognese Franco Franceschi che, unico fotografo in mostra al Copenhagen Fashion Week presso il locale Istituto Italiano di Cultura con la personale Vintage fino al 25 settembre, ricorda nei suoi scatti quell’epoca in cui l’immagine di moda era un modo di immaginare. E i negozi monomarca in centro a Bologna solo una perversione per appassionati di fantascienza.
Il contesto sembra suggerire che lei venga percepito come il rappresentate di un’eccellenza nazionale…
«Non esageriamo… Sono stato contattato da Copenhagen Fashion Week, l’organizzazione che lì si cura delle sfilate di moda. E’ la settimana della moda mondiale in Danimarca. La mia mostra fa parte delle iniziative collaterali. Il fatto che sia stata l’unica esposizione fotografica in programma chiaramente non può che farmi piacere».
La sua è una carriera piena di sfumature ma questo è forse il lavoro che meglio esprime la sua passione. Cosa significa per lei vintage?
«In trent’anni, ho sempre fatto foto di moda. Ora mi dedico anche ad altro. In generale mi piace fotografare quello che mi stimola. La serie si intitola ‘Vintage’ perché con questo termine ormai si indicano le cose di un tempo. In questo caso, di quando la moda era davvero la moda, prodotta su stimoli emotivi e non commerciali. Era tutto dettato dal particolare momento culturale, che la moda prendeva come spunto».
C’è un soggetto che oltre che sulla pellicola è rimasto impresso più di altri nella sua memoria?
«Devo dire che in questa mostra ho messo tutto quello che mi è rimasto, le immagini alle quali sono più affezionato, le persone più care. Qui c’è la parte del mio lavoro che più mi ha stimolato dal punto di vista del rapporto».
Chi o cosa manca al suo obiettivo?
«Una cosa che un po’ mi manca sono i ritratti delle persone importanti. Avrei voluto dare una mia interpretazione a certi personaggi della politica e dello spettacolo. Al momento non l’ho ancora fatto. Però, come dicevo, io seguo solo ciò che mi stimola. Ultimamente sono rimasto molto affascinato da un varo e mi sto dedicando principalmente agli yacht».
Tra i suoi soggetti, c’è anche una Bologna insolita, quella delle architetture riunite in “Bologna 20th Century”…
«Bologna è la città del mio cuore. La conosco perfettamente, ci sto benissimo, ha un fascino particolare. Ci si cammina volentieri ed è facile da attraversare. Forse sento un po’ la mancanza dei negozi del passato, in cui tutto era diverso. Per me, che per principio mi fermo davanti a ogni vetrina, i negozi monomarca sono invece di una noia mortale. E’ certamente una città efficiente e moderna. Al confronto, Firenze sembra una sala autopsie. Però, allo stesso tempo, sta diventando più noiosa. Comunque l’architettura bolognese è ora protagonista di una mia mostra in Argentina».
E a Bologna?
«Sto trovando molta apertura nel privato e questo mi dà molta soddisfazione».

foto by http://www.flickr.com/photos/renatasalles/