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Libri a caccia di ragazzi.Da domani la fiera di Bologna

Notizia pubblicata il 22 marzo 2009



Categoria notizia : Cultura


QUANDO suo figlio aveva tre anni, era sua abitudine registrare in un quadernetto ogni sua frase, movimento, gesto. Quel repertorio autentico di bambino è venuto buono a Marie-Aude Murail molti anni dopo scrivendo “Mio fratello Simple”, la storia del ventitreenne col cervello da ritardato che gli detta comportamenti e ragionamenti infantili e che trova nel fratello Kleber l’unico consanguineo che lo vuole salvare dall’istituzionalizzazione dove invece lo vorrebbe confinare il padre.

Una storia di solidarietà su un tema scottante e normalmente ignorato dalla letteratura per ragazzi e che invece ha trovato posto e svolgimento nel cuore della scrittrice francese che ha ormai all’attivo una settantina di titoli e che sarà tra le ospiti di riguardo della Fiera del Libro per Ragazzi che apre domani a Bologna e fino a giovedì accosterà gli addetti ai lavori a tutte le nuove tendenze del settore esposte in sette padiglioni e 20.000 metri quadrati con presenze da oltre sessanta Paesi. Ma acquisti e vendite, contatti tra editori e autori, non esauriscono la mission della kermesse che anima le sue giornate anche con una lunga serie di iniziative collaterali organizzate al di fuori del Fiera District.
LA COREA, ospite d’onore, ha disseminato la città di mostre (al Museo Medievale, a Palazzo d’Accursio, in Sala Borsa) ma offre anche uno spaccato delle sue tradizioni musicali stasera in Arena del Sole con “Armonia tra i Suoni della Natura e lo Splendore dei Colori” mentre in Cineteca parte un ciclo sul cinema classico e contemporaneo di quel Paese (oggi alle 16 al Lumière il film d’animazione “My beautiful girl, Mari” di Lee Sung-gang).
MA NON C’È praticamente casa editrice italiana che non organizzi o promuova eventi atti a far conoscere la propria produzione. Proprio mercoledì scorso è uscita per Giunti la traduzione italiana di “Mio fratello Simple” la cui autrice sarà domani alle 21 alla libreria Giannino Stoppani (via Rizzoli 1/f), martedì in Fiera per ritirare il Premio Liber 2009 per il precedente Oh, boy!” e mercoledì al teatro Zeppilli di Pieve di Cento per incontrare alunni e insegnanti locali.

Ma come le è venuto in mente di trattare per lettori adolescenti questo tipo di tematica?
«Intanto perché mi identifico più facilmente in personaggi marginali e poi perché volevo dare un finale diverso a “Rain man”. Anche quella era una storia di due fratelli, uno dei quali autistico ma Tom Cruise alla fine riaffida il malato all’istituto. Qui invece ho voluto far trionfare la fraternità, dimostrare che essa è più forte di tutto».

E’ il messaggio del romanzo?
«Il mio fine generalmente è scrivere una buona storia. Direi che più che una morale, qui pongo una domanda: “Chi può dirsi davvero normale?”. Il tutto però attraverso un linguaggio umoristico e leggero che a mio avviso è l’unico modo per poter parlare anche di argomenti delicati».

E la risposta dei ragazzi qual è?
«Kleber non incarna il modello che va per la maggiore oggi. L’integrazione è una buona intenzione ma di fatto né la scuola né la famiglia la realizzano. Però molti lettori mi hanno detto di aver cambiato il loro modo di guardare all’handicap, prevenuto come per tutto ciò che appare differente dalla norma».
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