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Come si salvò un tesoro d’arte dalle razzie

Notizia pubblicata il 04 maggio 2009



Categoria notizia : Cultura


QUESTA esposizione straordinaria si caratterizza perché affronta il problema fondamentale e sempre attuale della conservazione e tutela del patrimonio artistico in un ambiente storico incomparabile, dove la biblioteca di Pio VII testimonia la passione del papa e i suoi sforzi per far rientrare i tesori artistici trafugati da Napoleone e interagisce con la sala che raccoglie i codici della Malatestiana.

E già dal titolo stesso, secondo l’etimologia, prospetta la duplicità degli avvenimenti derivati in quanto per un verso tendono a ottenere in qualsiasi modo il tesoro agognato e per l’altro lo impediscono.

Per la storia la razzia napoleonica inizia nel 1796 quando a Parigi sorge la galleria del Louvre dove il nuovo governo repubblicano intende ospitare i capolavori sottratti ai “regimi dispotici”, mentre il generale in Val Padana sconfigge gli austriaci e le forze locali ottenendo l’anno seguente la cessione legale delle opere d’arte e in seguito un’altra “spoliazione” questa molto meno volontaria, con la sopressione degli ordini religiosi.
L’ARTE CONTESA segna però proprio a Cesena la vittoria dei “resistenti” e così quando Napoleone si appresta a trasformare il convento dei francescani, sede a lui ignota forse della raccolta dei codici, mentre si prepara a trasformarlo in dormitorio dei soldati mette sull’avviso i cittadini. E proprio loro alla chitichella trasferiscono l’intera collezione di codici in un luogo sicuro. Così partita finita? Neanche per sogno perchè il problema della contesa ritorna in Italia alla vigilia della seconda guerra mondiale quando il Ministero dell’Educazione, nella prospettiva di una scesa in campo dell’Italia stessa e di una malaugurata razzia abituale ai nazisti, il 5 giugno 1949, trasmette al sovrintendente delle Marche, Pasquale Rotondi, l’ordine di attuare un relativo programma di salvaguardia (a questo riguardo fu pubblicato, il 3 giugno 2004 dall’Espresso, l’articolo “Brigata Rubens”).
DA QUEL MOMENTO Rotondi, del quale diventerò assistente volontario, sceglie la rocca di Sassocorvaro, non lontano da Urbino dove insegna all’università e successivamente un secondo rifugio a Carpegna per occultarvi il colossale tesoro d’arte di diecimila opere fino alla liberazione delle forze alleate nel 1944. Nella sua intelligente strategia non vi è soltanto la loro salvaguardia, ma anche l’identificazione e la catalogazione prima della consegna ai proprietari e perché gli interessa enormemente la sorte del cosiddetto “formalismo” e in modo particolare di quello emiliano romagnolo, mi affida la ricerca sulla “Influenza di Michelangelo sui seguaci della scuola di Raffaello”. Per cui dobbiamo anche a Pasquale Rotondi il miracolo della sopravvivenza di tanti capolavori, nella diatriba ordita della “contesa dell’arte”.

Mostra: “L’arte contesa nell’età di Napoleone, Pio VII e Canova” alla Biblioteca Malatestiana fino al 26 luglio.

http://www.flickr.com/photos/lessio