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Riccione e Biagi due premi che fanno storia

Notizia pubblicata il 07 novembre 2007



Categoria notizia : Cultura


ENZO BIAGI ha lasciato una sua impronta anche a Riccione. E in misura minore a Bellaria. Nella Perla Verde, nel 1951, viene segnalato dal Premio Riccione per il Teatro con "Noi moriamo sotto la pioggia".

Un preludio della vittoria che arriva due anni dopo. Nel 1953, nella stessa occasione, vince con "Giulia viene da lontano" .

I due copioni, come reliquie, vengono tuttora conservati nell'archivio del premio a Villa Lodi Fé.

Biagi saltuariamente capitava a Riccione, come altri personaggi illustri, tra cui Cesare Zavattini, Filippo de Pisis e Pier Paolo Pasolini. Un sottile filo nel tempo continua a legarlo alla città . Così fino al 2005, quando gli viene consegnato il premio "Ilaria Alpi" alla carriera.

A poche ore dalla scomparsa del noto giornalista, il sindaco Imola commenta: "Sono orgoglioso di aver fatto incontrare di nuovo Riccione e Enzo Biagi". Il primo cittadino, con l'assessore Francesco Cavalli, per l'occasione aveva accompagnato i genitori di Ilaria Alpi a Milano. "Quel giorno - ricorda Imola - la sua commozione ha pervaso tutti. E' stato un vero maestro di libertà . Troveremo il modo più adatto per ricordare il suo legame con Riccione".

"Biagi é stato come un secondo padre per Ilaria e le ha contagiato la passione per il giornalismo". Sono le parole pronunciate allora da Giorgio Alpi, padre di Ilaria, alle quali il noto giornalista ha replicato: "Il premio "Alpi dà  dignità  a questo mestiere.Ilaria ha interpretato nel modo migliore un giornalismo che oggi rischia di scomparire".

Ricorda Biagi anche Sergio Zavoli durante "Radio3mondo": "Molte cose della fine di Enzo assomigliano alla morte di Federico Fellini. Come Fellini, Biagi aveva lo stesso disincanto apparente, la piccola ironia messa nel racconto del proprio stato. Con Enzo abbiamo passato una vita insieme, era una persona di straordinarie qualità  umane".

E poi: "Mi ha detto: abbiamo avuto una grande fortuna, non abbiamo cose grandi di cui doverci vergognare, non abbiamo mai agito per nostro esclusivo tornaconto".

A Bellaria Biagi si recò per intervenvistare la vedova del poeta e scrittore Alfredo Panzini, Clelia. Abitava nella Casa Rossa, dove la inconrtrò: "Mi sono rimaste soprattutto impresse un paio di stanze - spiegava a Silvano Cardellini nell'aprile 1994 - nelle quali Panzini aveva fatto annotare, sui soffitti, alcune espressioni che rendevano il senso della fatica che gli era costata quella casa".

Nel '94 teatro di riti satanici. Oggi finalmente restaurata.