Le offerte più convenienti
Prenota gratis
Nessuna commissione

Enrico Rava apre Ravenna Jazz

Notizia pubblicata il 27 ottobre 2007



Categoria notizia : Eventi


Squilli geniali al servizio del pentagramma. Un'esperienza sonora totale, un viaggio nell'inconscio, nella psiche, nella musica recondita dell'io assoluto: c'é un'aristocratica religiosità  nella tromba di Rava, una preghiera, una funzione in cui l'anima si confronta con quelle di chi l'accompagna e di chi l'ascolta, tendendo verso l'ineffabile.

«Dedico a Chet tutto il mio mood»

Per buona parte della critica, é lui, Enrico Rava, musicista che non abbandona mai l'asciutto understatement torinese («la nascita a Trieste é casuale»), uno dei più talentuosi interpreti del policromo lirismo bakeriano. Centratissima, quindi, la scelta di affidargli stasera alle 21, al Teatro Alighieri, l'apertura del Ravenna Jazz 2007 assieme a tre musicisti che hanno più volte suonato con Chet Baker: il chitarrista belga Philip Catherine, il contrabbassista Riccardo Del Fra e il batterista Aldo Romano. Un inedito ensemble che con Chet Mood vuol rendere omaggio al genio dell'Oklahoma.

Rava, gettiamo un fascio di luce sui suoi compagni di stasera?
«Sono virtuosi stranoti, per anni sul palco con tutti i più grandi jazzisti europei e statunitensi. Philip Catherine é un'inimitabile chitarra jazz del vecchio continente. Di Del Fra ricordo un documentario di commovente suggestione, Chet's Romance di Bertrand Févre, in cui appare con Baker, presentato a Cannes nel 1998, anno in cui morì il trombettista. Aldo Romano é un altro dei personaggi storici del jazz europeo. Rivisiteremo una serie di standard che non suono mai, visto che eseguo solo mie composizioni».
Tiriamo fuori una foto ingiallita di lei e Chet Baker.
«Quando il jazz a Torino contava, Chet veniva spesso a casa di Franco Mondini, il batterista. Suonavo la tromba da un paio d'anni, ma me ne stavo lì, muto come un pesce. Ogni tanto Chet mi regalava qualche consiglio. Col contagocce, perchè era un autodidatta come me. Che fascino e che suono, però».
Lei é un autodidatta, ma pure un maestro assoluto: per la critica internazionale, come già  nel 2006, é il quarto trombettista più bravo del pianeta.
«La mia vera scuola é stata la possibilità  di suonare con i grandi. Da cui ho imparato l'umiltà  e l'importanza della musica come valore. E il rispetto anche, che fa mettere da parte qualsiasi ego: signori sto parlando di Miles Davis e di Chet Baker. Ma a questi vorrei aggiungere Nunzio Rotondo, che negli anni '50 era più avanti di qualsiasi musicista italiano ed europeo. Quando approdò al Festival di Parigi del 1950 ci fu qualche commento sardonico. Dopo, però, incantò tutti con la sua tromba. A cominciare da Charlie Parker».
Rava e Bollani: una trance evidente, quasi un'estasi creativa quando suonate assieme. Sveliamo l'ultimo album The Third Man?
«E' un disco diverso da quello che ci si può aspettare perchè si specchia nella musica europea e ammicca alla classica. Una faccia che io ho e che tutti conoscono. Ma per Bollani l'aspetto intimista, diretto allo scopo, mondo di ‘scherzi' é stato come togliere il velo a una parte di sè. Quando suona così non ce n'é per nessuno al mondo».
Come la mettiamo con Petrella, anche quest'anno il primo trombonista al mondo per Down Beat?
«Di lui dico solo che é il più grande musicista italiano degli ultimi vent'anni. Mi sorprende tutte le volte che ci suono assieme. E a differenza degli altri giganti del jazz con cui mi sono esibito per anni, non ha mai una serata di fiacchezza. Per questo dico che Petrella non ha competitori».