La guerra dell'alcool salvati Rockisland, cocorico e liz. La chiusura del prefetto dura poche ore
Notizia pubblicata il 18 luglio 2008
Categoria notizia : Fatti Curiosi
TRE LOCALI chiusi dal prefetto perché hanno venduto alcol dopo le due di notte. Una serrata solo 'virtuale', perché poche ore dopo il giudice di pace aveva già accolto la richiesta di sospensiva presentata dagli avvocati difendori.
I titolari di Liz-Echoes (Misano), Cocoricò (Riccione) e Rockisland, se l'aspettavano. I controlli in seguito ai quali era stato chiuso il Makima, avevano riguardato anche loro ed erano sicuri che da un momento all'altro la 'scure' del prefetto di Rimini sarebbe calata anche su di loro. Come l'altro, erano stati sorpresi a servire bevande alcoliche dopo le stop delle due di notte. Era questione di giorni, di ore, che hanno utilizzato per preparare il ricorso da presentare al giudice di pace, nella speranza che anche a loro la serrata venisse revocata. E così é stato.
LA notifica della chiusura di una settimana per tutti e tre é stata fatta dalla Polizia l'altra sera. Ieri mattina, i legali dei locali erano già davanti al giudice di pace con la richiesta di sospensiva pronta. E il giudice, alla fine, le accolte tutte, disponendo la riapertura seduta stante. Che sta a significare che di fatto non hanno mai chiuso. I punti su cui hanno insistito gli avvocati difensori, Fabio Ronci per il Liz e il Cocoricò, Enrico Berti e Alessandro Petrillo per il Rockisland, sono stati sostanzialmente due. Il primo riguarda la discriminazione tra le discoteche, dove vige il divieto, e i bar, i chioschi e gli ambulanti che possono invece continuare a vendere alcol dopo il limite. Il secondo fa riferimento invece al danno economico che i locali subirebbero con la serrata in piena stagione, dove gli eventi sono già stati programmati e gli ospiti già invitati. Senza contare i rischi che correrebbero i dipendenti.
MA prima di esultare, per Lorenzo Gabuzzi (il titolare del Rockisland) e per i proprietari del Liz e del Cocoricò, la giornata era partita malissimo. Anche se tutti e tre i locali avevano già pronto il ricorso nel cassetto. «Nel nostro caso poi - sottolinea Gabuzzi - la decisione di una chiusura forzata ha dell'incredibile. Noi abbiamo la licenze per bar e ristorante, siamo stati puniti perchè, in una serata di fine giugno, ci hanno trovato che alle 2,35 servivamo ancora la birra nel locale, che era strapieno! Possibile che un pub come il nostro debba cessare la vendita alle 2 di notte, solo perchè di tanto in tanto organizziamo dei concerti? Siamo all'assurdo: noi non possiamo dare da bere dopo le 2 secondo l'attuale legge, che per fortuna ora il governo ha promesso di cambiare, mentre altri locali che sono a 200 metri da noi possono vendere gli alcolici fino alla chiusura». Sono le contraddizioni di fondo della legge che, magari, possono avere pesato nella decisione del giudice di pace, nell'accogliere la richiesta di sospensiva.
«GIUSTIZIA é fatta, ma ora questa legge va modificata al più presto - esulta anche Gianluca Tantini, titolare del Liz-Echoes di Misano (nonchè del Pascià e del Prince) - Stavamo per essere puniti da una legge demagogica, iniqua e ingiusta, ma per fortuna il giudice di pace ha capito e accolto le nostre istanze». Tantini e Marco Palazzi (titolare del Cocoricò), che hanno presentato il ricorso insieme, si augurano adesso che il provvedimento ricevuto e immediatamente 'stoppato' dal giudice di pace sia l'ultimo della stagione estiva, in attesa che il governo modifichi definitivamente la norma. Intanto tirano un sospiro di sollievo i tre imprenditori.
«Per noi sarebbe stato un guaio: ieri sera avevamo 100 persone a cena, non saremmo mai riuscite ad avvisarle tutte in tempo in caso di chiusura. Senza contare il danno economico: una settimana di stop - osserva Gabuzzi - avrebbe significato perdere gli incassi di un'intera settimana (il Rockisland é aperto tutti i giorni) e migliaia di euro di cibo da buttare». Tra Cocoricò, Rockisland e Liz, la chiusura per sette giorni avrebbe causato complessivamente (tra mancato guadagno, personale da pagare e altre voci di spese comunque da sostenere) un danno da non meno di 250mila euro.
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