Le offerte più convenienti
Prenota gratis
Nessuna commissione

Dichiarazioni Luciano Moggi a Rimini

Notizia pubblicata il 05 agosto 2007



Categoria notizia : Musica


Tornerà. Gli occhi dell'ex ras del campionato ancora si inumidiscono quando parla al passato, ma Luciano Moggi ha già vinto. Perché la pancia dell'Italia sta con lui. Contro tutto e tutti: Inter, Milan, Juve, Carraro, Collina, Petrucci, giornalisti (Mieli, Cannavò) che si sono pronunciati in suo sfavore.

Tutti bocciati, seppelliti, svergognati dagli applausi delle centinaia di persone, uomini, donne bambini e pure interisti, esaltate dalle disavventure del Don Chisciotte con le sim svizzere, simbolo dell'Italia che si arrabatta per raggiungere il successo e mettere in bacheca uno scudetto in più, salite a Montefiore Conca per questo confronto tra Big Luciano e il pubblico.

La centrifuga di Monticiano fa il suo ingresso in piazza della Libertà visibilmente teso, con lo stesso sorriso impaurito che gli scivolò sul viso quel giorno a Ballarò. Ma ci mette un attimo a scaldarsi, il tempo di chiedere la parola a Italo Cucci, sparring partner senza macchia, per un breve saluto che dura 32 minuti d'orologio.

Quella di venerdì sera era la prima uscita pubblica del Colpevole. L'uomo che, secondo i giudici federali, ha affossato il calcio italiano trascinando la Juve in B. Il capro espiatorio - secondo altri - del pallone marcio, esposto in piazza dal sindaco del paese e senatore di An, Filippo Berselli. C'era il rischio di una sollevazione popolare. Qualcuno si immaginava insulti, zuffe, ortaggi maturi. Invece a Lucianone è bastato il sorriso fanciullesco per portare la platea dalla sua parte. E anche i tre interisti dal fischio facile alla fine hanno ammesso: "Un dirigente così l'avremmo voluto pure noi" L'ex direttore generale della Juve parte col solito copione: "Noi lavoravamo più degli altri, il centro del potere è sempre stato a Milano, compravo le schede solo per evitare lo spionaggio di Telecom, nelle intercettazioni non c'è nulla di illecito". Cucci è bravissimo a tenere la bussola puntata sulle zone d'ombra di Calciopoli.

Primo, il ruolo anomalo della Juve, dichiaratasi ancor prima dell'inizio del processo disposta a franare fino alla C. "Io non conoscevo le diatribe all'interno della famiglia. Ero un forestiero, ci stavo per la fiducia che avevano in me l'Avvocato e il dottor Umberto". Cucci sprona, Moggi ammette che "se ci fossero stati loro non sarebbe successo niente", che " Giraudo aveva già deciso di andarsene forse perché sapeva queste cose meglio di me", e soprattutto che "vincere senza chiedere soldi alla società forse ha fatto impaurire qualcuno, che ha pensato di poter perdere la maggioranza".

Forse il cuore di Calciopoli sta tutto qui. Forse. Perché dietro resta la scia di marciume che un anno fa si è spalancata sulle narici degli italiani. "La decisione del doppio designatore? Si prese a casa di Carraro. C'erano i presidenti della sette sorelle. In sei optarono per Bergamo, ma Sensi si oppose dicendo che voleva Pairetto". E ancora: "Le telefonate ai designatori le facevano tutti, poi loro cercavano di fare quello che potevano".

Prima di firmare autografi, dispensare strette di mano e posare per le foto Moggi trova il tempo per l'ultima frecciata alla nuova dirigenza bianconera (escluso Lapo, "Di lui ero e sono amico"): " Il prossimo scudetto? Lo vince l'Inter. Seconda la Roma, terzo il Milan, quarta la Fiorentina, quinta la Juve". Fuori dall'obiettivo Champions, dunque. Perché Blanc sarà anche bravo, "ma quando c'eravamo noi i giocatori erano tranquilli e adesso Ranieri non mi sembra che la pensi così. E poi scusate, ma io all'Inter, Ibra e Vieira non li avrei mai dati. Al massimo Zalayeta. Se Montezemolo avesse difeso la Juve come ha difeso la Ferrari, non ci sarebbe stata la serie B. Mi hanno dipinto come il colpevole di tutti i mali del calcio. Al Commissario Rossi hanno detto che bastava far fuori la Juve per risolvere tutto. Quando se n'è andato ha detto che invece tutto era come prima. La verità è che la cupola è sempre quella e al vertice c'è Carraro, subito dietro tutti gli attuali vertici dello sport italiano. Carraro era il capo prima e lo è ancora. Le mie intercettazioni? Molto peggio quel che si sono detti Meani e Collina, ora è diventato pure designatore. Mi chiedo: perché l'Inter non è stata intercettata? Mi rispondo: perché Tronchetti Provera chiudeva la cornetta".