
Racconto una storia d’ordinaria ingiustizia
Notizia pubblicata il 24 febbraio 2009
Categoria notizia : Spettacoli
UNA PRIMA nazionale che per ora resta anche uno splendido unicum
Infatti il Sacco e Vanzetti di Giancarlo Brancale messo in scena da Emanuele Montagna che veste anche i panni di Vanzetti al fianco di Danny Lemmo (Sacco) debutterà giovedì al Dehon solo a inviti (distribuiti dalla Fondazione del Monte che ne è lo sponsor principale) per poi rimanere nel cartellone del teatro di via Libia 59 venerdì e sabato alle 21 e domenica alle 16.
«Una folgorazione cinematografica scoppiata davanti al film di Montaldo con Volontè e Cucciolla», riannoda i fili dell’ispirazione Montagna che, dopo Giordano Bruno (un altro frutto dell’ammirazione per il regista Montaldo), affronta con la sua scuola di teatro Colli (diciotto gli allievi sul palco) un altro pezzo della storia patria, sia pure proiettata oltreoceano.
Una dimensione particolarmente familiare per Lemmo, italo-americano, membro onorario a vita dell’Actors Studio di New York e tra i fondatori delle Masterclass di specializzazione della scuola di via Castiglione. «Ciò che colpisce della storia di Sacco e Vanzetti è il loro lato umano, che resta particolarmente attuale in un’epoca velocissima a colpevolizzare chi viene da fuori, a puntare il dito sul diverso. Questa pièce spinge almeno a porsi delle domande».
SEPPUR dedicata all’anarchico bolognese Mario Barbani («Lo conobbi — ha ricordato Montagna —. Era uno che non beveva nemmeno la Coca Cola»), la drammaturgia lascia però pochissimo spazio a questo aspetto della biografia della coppia finita sulla sedia elettrica nel 1927 con l’accusa di aver ammazzato un contabile e una guardia del calzaturificio «Slater and Morrill».
«Furono due processi farsa che nascosero le vere cause della loro disgrazia: essere anarchici e italiani». Montagna e Lemmo proprio per enfatizzare l’ingiustizia della giustizia hanno lasciato il ruolo del mattatore a Michele Cosentini che veste i panni dell’avvocato Moore. «In realtà si tratta di un grande lavoro d’équipe che mostra anche il nostro modo d’intendere il protagonismo», spiega la scelta il regista che ora spera di poter trasferire anche a New York questa tragica storia d’emigrazione del secolo scorso (i due arrivarono sul suolo americano nel 1908) che tanti riferimenti reca però anche con l’attualità.
Forse più facile approdare alla ribalta di Torremaggiore e Villafalletto, i paesi d’origine dei due eroi. L’invito ai sindaci per la “prima” è già partito.
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