'Così una Biennale è fatta ad Arte'. Daniel Birnbaum primo ospite di punta del festival di Faenza
Notizia pubblicata il 18 aprile 2009
Categoria notizia : Eventi
«IL RUOLO del curatore? La trasparenza. O quasi. E’ l’arte che deve emergere, non il suo lavoro. Il nostro ruolo è lo stesso di un direttore d’orchestra, guidare un lavoro collettivo il cui risultato è la presentazione di una sinfonia».
Parola di Daniel Birnbaum, direttore artistico della 53a Biennale di Venezia, che ieri a Faenza ha dato il via a una tre giorni di arte contemporanea, tutta dedicata alla scoperta delle 80 biennali del pianeta. On biennials/Tutto sulle biennali è il titolo di questo secondo Festival dell’arte contemporanea organizzato da Carlos Basualdo, Pier Luigi Sacco e Angela Vettese.
Tre giorni (fino a domani) di parole, assenti le opere, tutte focalizzata sul tema “Biennali”, che nel corso di una cinquantina di incontri viene sviscerato da 126 protagonisti di primo piano del sistema arte. Un viaggio che è iniziato dalla madre di tutte le biennali, quella di Venezia. Birnbaum intervistato da Angela Vettese si è soffermato a lungo sul titolo che ha voluto per quest’edizione, Fare Mondi/Making Worlds. Un titolo che gioca sulla molteplicità in molte lingue del significato della parola fare.
«Fare — ha spiegato — può essere anche produrre, costruire, dar vita, creare anche in senso divino. Una parola che esprime una molteplicità di significati, così come l’arte si presta a differenti letture, interpretazioni e può essere fatta con diversi linguaggi espressivi». «Giudico molto positivamente la mescolanza fra le diverse discipline artistiche — ha continuato incalzato dalla Vettese — e anche fra i diversi lunguaggi espressivi: non ci sono preclusioni fra i diversi linguaggi artistici, e la Biennale presenta questa molteplictà dell’arte e dei suoi linguaggi: installazioni video, pittura, scultura, letture poetiche. Linguaggi diversi che si intrecciano fra loro».
E DALLA molteplicità dei linguaggi e dalla scoperta di tecniche nuove il discorso è stato condotto «sull’obsolescenza dell’arte e nell’arte». «Una domanda che rimanda al grande interrogativo: che cos’è l’arte? — ha specificato Birnbaum —. Che cos’è obosoleto? Una tecnica? Un artista? I vecchi? Ciò che rimane nel tempo perché continua a dare spazio a nuove letture, a essere fatto e rifatto, questo è arte. Molti si aspettavano, anche perchè dirigo un’Accademia (quella di Francoforte), una biennale di soli giovani, ma io ho invitato anche Yona Friedman che si avvicina ai 90 anni e continua a dire cose nuove per il mondo dell’arte. Non è la linea del tempo che mi dice cos’è obsoleto, ma la capacità di un’opera di essere fatte e rifatta, letta e riletta».
E a proposito dell’unitarietà che, ha spiegato Vettese, caratterizza quest’edizione, ildirettore artistico ha precisato di non credere in una particolare forma di presentazione. «Questa organicità l’ha chiesta il cosiglio di amministrazione della Biennale ».
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