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Crocifisso in Aula. La Corte europea. Per Strasburgo una violazione del diritto alla libertà di religione. E a Rimini?

Notizia pubblicata il 05 novembre 2009



Categoria notizia : Fatti Curiosi


Sette anni fa Soile Lautsi iniziò dalle aule. Dalla direzione della scuola arriva una risposta negativa e a nulla valse il ricorso al Tar del Veneto. E così il 27 luglio del 2007 la donna decise di rivolgersi alla Corte europea dei diritti dell'uomo.

La sentenza di ieri, la prima in assoluto in materia di esposizione dei simboli religiosi, è destinata inevitabilmente a far discutere: per i giudici di Strasburgo la presenza dei crocifissi nelle classi costituisce «una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni» e una violazione alla «libertà di religione degli alunni». Si tratta, infatti, di un «segno religioso » che potrebbe condizionarli, «incoraggiando» i bambini già cattolici e «disturbando» quelli atei o di altre religioni.
Ma sulla questione non è stata ancora scritta la parola fine: il governo italiano - che dovrà pagare alla donna un risarcimento di 5mila euro per danni morali - ha annunciato ricorso e, in caso di accoglimento, il caso verrà discusso nella Grande Camera. Altrimenti la sentenza diventerà definitiva fra tre mesi. Inizialmente la reazione della Santa Sede è cauta. Ma in serata parla padre Federico Lombardi, secondo cui la decisione rivela un'ottica «miope e sbagliata, accolta in Vaticano con stupore e rammarico.
Stupisce che una Corte europea intervenga pesantemente in una materia molto profondamente legata all'identità storica, culturale, spirituale del popolo italiano ». Netta è anche la presa di posizione della Cei, che in una nota parla di «sopravvento di una visione parziale e ideologica » che «ignora o trascura il molteplice significato del crocifisso, considerato non solo simbolo
religioso ma anche segno culturale».
Sia pur con qualche rara eccezione, il mondo politico esprime perplessità bipartisan. Per il presidente del Senato Schifani «sarebbe un errore drammatico fare dell'Europa uno spazio vuoto di simboli, pensieri, tradizioni e cultura». Prende le distanze anche il presidente della Camera Fini: «Mi auguro che la sentenza non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle istituzioni, che è valore ben diverso dalla negazione del ruolo del cristianesimo nella nostra società ». Sulla stessa linea è il ministro dell'Istruzione Gelmini, per la quale «la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al cattolicesimo, ma è un simbolo della nostra tradizione ».
Durissimo il ministro dell'Interno Maroni: «questa sentenza è un atto di stupidità». Per il segretario Pd Bersani «un'antica tradizione come il crocifisso non può essere offensiva per nessuno» mentre «su questioni delicate qualche volta il buonsenso finisce di essere vittima del diritto». Contrari anche i centristi con Casini e Buttiglione, che parla di «decisione aberrante» e l'Idv. Per Donadi la sentenza «non è una buona risposta alla domanda di laicità dello Stato».