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Cineasti e critici per l' amarcord su La dolce vita a Rimini al Teatro degli Atti

Notizia pubblicata il 14 novembre 2008



Categoria notizia : Cultura


RIMINI - Non solo il titolo di un film, pur bellissimo. Ma «La dolce vita» è diventato un simbolo, un modo di vivere, un' atmosfera, un manifesto, un' icona. Per questo a cinquant' anni dalla sua uscita (fu ultimato nel '59 anche se distribuito nel febbraio '60), il capolavoro di Federico Fellini, interpretato da Marcello Mastroianni e Anita Ekberg, continua a raccontare la storia. Non è un caso che il mezzo secolo de «La dolce vita» è stato scelto come tema dell' annuale convegno al Teatro degli Atti promosso dalla Fondazione Fellini, presieduta dal regista Pupi Avati, per continuare ad indagare sul Maestro.

Due giorni, oggi e domani, che non solo richiamano a Rimini studiosi, registi e critici cinematografici, ma che culminano con la consegna del Premio Fellini a due nomi prestigiosi del cinema: Manoel de Oliveira e Tullio Pinelli, accomunati da un' età che sfiora il secolo. Insieme alla mostra «I libri di casa mia» dedicata alla biblioteca personale del regista con 2000 volumi esposti per la prima volta, la maratona felliniana coniuga passato e presente per ricordare che il patrimonio lasciato dal Maestro continua a essere fonte di studio, rivisitazione e anche cultura e memoria storica.

Soffermarsi su «La dolce vita» non vuol dire semplicemente evocare la scena che è rimasta nell' immaginario mondiale con Anita Ekberg nella fontana di Trevi a Roma ad ammiccare al fascinoso Mastroianni, ma anche utilizzare quel film per descrivere un' epoca. Lo faranno sia coloro che hanno lavorato sul set come Gian Franco Mingozzi o che indagano sull' anima cinematografica della pellicola attraverso la musica (Francesco Lombardi) o il doppiaggio (John Francis Lane), ma soprattutto chi legge il racconto di Fellini come metafora dell' inquietudine storica (Lucio Villari), dei «piaceri e dispiaceri del boom economico» (Irene Bignardi), del disvelamento del mondo contemporaneo (Gino Zucchini), senza tralasciare l' influsso fuori dai confini nazionali riuscendo pure a contagiare la fredda Unione Sovietica (Andrei Koncalovskij).

Dopo le tribune teoriche, si passa al cinema vivente. Come ogni anno, la Fondazione Fellini sceglie di onorare la memoria del Maestro conferendo premi a registi e uomini di cinema che continuano a tenere alto il prestigio di un' arte che resiste agli attacchi della superficialità televisiva. Dopo Martin Scorsese, Roman Polanski ed Ermanno Olmi, il Premio 2008 va ad una coppia di prestigio come Manoel de Oliveira, regista portoghese che ha regalato titoli quali «Viaggio all' inizio del mondo» o «Inquietudine», e Tullio Pinelli, uno dei più importanti sceneggiatori italiani, che ha lavorato con Fellini da «Le luci del varietà» fino a «La voce della luna».