LA PRESIDENTE della Confesercenti, Roberta Penso, spezza una lancia a favore degli street bar

Ma di quelli buoni e non di quelli fracassoni. Divide infatti i cosiddetti bar da strada in due categorie: quelli ‘non necessariamente costretti ad affidarsi alla musica alta ed assordante e l’attività primaria dei quali è la ristorazione’, da quelli che praticano ‘la trasgressione estrema ed i suoi inquietanti effetti’

Ritiene sia possibile ‘spostare la lancetta’ del divertimento del bere in piedi ad un uso meno chiassoso delle strade dove sono ubicati i locali (ossia in centro di Milano Marittima dove le isole pedonali favoriscono gli assembramenti).

La Penso intende conservare solo quello che gli street bar hanno di buono, ovvero «un turismo giovane che ha voglia di divertirsi in modo sano» e trasformare i tanto contestati street bar, nei quali «la musica ad altissimo volume è un elemento catalizzante per i giovani», in più tranquilli ristoranti nei quali «la loro offerta sia nella direzione della qualità del bere e del mangiare».

Sarebbe un modo dolce per riportare Milano Marittima a quella serenità che ne faceva una località tanto apprezzata dalle famiglie. I locali che diventeranno ‘buoni’ però devono essere premiati: «se diventi un ristoratore a tutti gli effetti — propone la Penso — con cucina, dispensa e servizi igienici adeguati, potrai avere spazio pubblico da occupare ed orari più lunghi per l’attività». Ma marciapiedi e strade, i ‘cattivi’ l’avevano già occupato e gli orari più lunghi se li erano già concessi in barba ai regolamenti. Quindi solo ristoranti. E gli street bar? Non c’è il rischio che ne sorgano altri?

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