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Guccini: «Riparto dalla mia montagna»

Notizia pubblicata il 19 giugno 2008



Categoria notizia : Musica


DA UNA SETTIMANA é chiuso in teatro a Porretta aspettando di trasferirsi domani sera nel campo sportivo. Francesco Guccini risale sul palco per un concerto che doveva essere un unicum estivo (una sorta di prova generale della tournèe nei palasport che lo aspetta dall'autunno) e che invece avrà  una coda lussuosa in due location di pregio: il 13 settembre nel teatro antico di Taormina e il 18 nella piazza principale di Spoleto.

Stessa formazione (Ellade Bandini alla batteria, Antonio Marangolo al sax, Vince Tempera alle tastiere, Pierluigi Mingotti al basso, Roberto Manuzzi alla fisarmonica, Flaco Biondini alle chitarre), stessa grinta ma non stesso concerto. «Presento due pezzi nuovi - racconta il Francesco salutista (ha smesso di fumare) e pendolare montagnino, sballottato com'é in questi giorni fra il suo esilio colto di Pavana e appunto Porretta - e cambio un po' la scaletta. Mi fa piacere esibirmi qui: la città  mi stordisce. Troppi fuoristrada, troppo caos».

I DUE PEZZI nuovi, appunto. Uno si intitola Su in collina ed é la versione italiana di una poesia bolognese di Gastone Vandelli dedicata alla guerra partigiana segnalatagli dall'amico Loriano Macchiavelli. L'altro - spiega Guccini- é una satira del nostro Paese. Si intitola Il testamento del pagliaccio ed é una riflessione leggera sulla quotidianità  dell'Italia. Autobiografia? «Autobiografici si é sempre, al di là  del modo in cui si dicono le cose. Lo ha già  detto, Borges».

Se i fans del Guccini scrittore possono gioire (é appena uscito e sta già  nelle classifiche il suo libro di racconti Icaro), quelli del Guccini cantautore devono prepararsi a penare ancora un po' (per tutte le notizie c'é comunque il sito www.francescoguccini.it). «Non c'é disco nuovo per il momento - dice- Ho solo una terza canzone pronta, molto notturna e molto legata a Pavana. Non ho fretta: per fare un pezzo ho bisogno di una matita e di un pezzo di carta per pensare». E allora? «Voglio continuare a lavorare così. con la coerenza e la dignità  di sempre.

E poi, tutto il giorno, divoro libri». Aveva allora ragione Umberto Eco quando la definiva il cantautore più colto che c'é? Lui se la ride: «Ma no, scherzava...». Certo, quella di domani, in mezzo alle sue montagne, é una bella occasione per saggiare il Francesco doc: ci saranno gli amici di sempre, gli attori dialettali del suo paese per i quali ha tradotto Plauto in pavanese, i ragazzi che con lui continuano a trovare perfetta sintonia nonostante siano passati quarant'anni e venti dischi da Dio é morto. «Bisogna saper parlare al pubblico», sogghigna. E siccome adesso , lui ribadisce che «le osterie non sono più il luogo delle chiacchiere e degli amici», cosa c'é di meglio di un campo sportivo? Qui, c'é da scommettere, il vino é ancora quello di una volta.

(foto di http://www.flickr.com/photos/digital_freak)