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Canti ebrei di Spagna come dono per la vita

Notizia pubblicata il 30 gennaio 2009



Categoria notizia : Spettacoli


«LA MEMORIA non è un lamento ma un dono della vita alla vita». Con queste parole di Tullia Zevi, Daniela Battisti ha aperto il concerto nella Sala della Repubblica del Teatro Rossini per celebrare la giornata della memoria. Al numerosissimo pubblico presente l’assessore alla Cultura Luca Bartolucci, il presidente del Consiglio della Regione Marche Bucciarelli ed il presidente del consiglio comunale Coraducci hanno ricordato che la giornata della memoria è un’occasione per riflettere su una terribile esperienza umana, frutto della prepotenza e del silenzio, silenzio nel quale anche oggi si consumano immani tragedie. Con “Diaspora Sefardì”, canti ebrei di Spagna, Daniela Battisti ha raccontato la diaspora del popolo ebraico, cacciato dalla Spagna alla fine del Quattrocento dalla cattolicissima Isabella.

Tra mille sofferenze e umiliazioni gli ebrei trovarono rifugio in altri paesi mantenendo intatto il loro canto, un patrimonio che trasmette l’essenza antica di un popolo.

E proprio questa essenza Daniela Battisti ha saputo comunicare con la sua performance musicale, accompagnata da efficaci sottolineature relative al testo, ai contenuti, al contesto storico e sociale in cui i canti si sono sviluppati e diffusi.

Ampio il repertorio proposto nel quale alla voce si sono uniti l’arpa celtica, il salterio ad arco e alcune piccole percussioni: si sono succedute “kantigas de amor”, “kantigas de cuna” e “de boda” di origine algerina, turca, marocchina, greca.

Si è spaziato dal misterioso Canto della Sibilla alle ninne-nanne “Durme durme” e “Nani nani”, vere e proprie romanze ‘adattate’ per cullare i bambini, dalla tragica “Delgadina” al lamento di “Ay, madre”, alla struggente “Adiyo kerida”, brano che rivela singolari assonanze con l’aria “Addio del passato” in “Traviata”. Il brano conclusivo “Las estreyas de los cielos” è un canto di passione, di gioia, di speranza nel futuro.

E una luce di speranza è balenata dalle parole, citate dall’artista, dal diario di Etty Hillesum, la giovane donna morta ad Auschwitz: “Trovo bella la vita, e mi sento libera.

I cieli splendono dentro di me come sopra di me”. Puntuali e calorosi ad ogni esecuzione gli applausi del pubblico che dell’artista ha apprezzato le modulazioni vocali suggestive e sempre pregnanti, in corrispondenza dei passi più significativi del testo, l’espressività dolorosa, l’intensità dell’interpretazione.

foto by http://flickr.com/photos/pdpoderino/