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La Collezione Maramotti apre le porte

Notizia pubblicata il 21 settembre 2007



Categoria notizia : Cultura


AMAVA le grandi tele di Cucchi e Chia, vere esplosioni di colore della Transavanguardia, ma anche le nere opere concettuali di Parmiggiani.

 Era affascinato dall'America dei neo-figurativi, come Fischl, fatte di storie di oggi, di rapporti sbrigati a letto con burocratica formalità . Inseguiva le emozioni leggere di Vito Acconci e le manifestazioni dell'Arte povera di Merz e Anselmo.

Comunque, nel lavoro come nel collezionismo, era sempre lui a scegliere.

E in quelle 200 opere che da sabato 29 verranno mostrate al pubblico nella Collezione che porta il suo nome, c'é il suo istinto di collezionista aperto e affascinato dai linguaggi del mondo, dalle provocazioni dell'oggi, dell'arte più vicina a noi, dei giovani.

Achille Maramotti era un grande collezionista di arte, non solo contemporanea. Ma i suoi gioielli, che pure ricercava nel mondo in compagnia del gallerista Mario Diacono e poi esponeva, a turno, nell'atrio della vecchia fabbrica Max Mara - oggi il suo museo dei capolavori - non erano conosciuti dal grande pubblico.

Le sue opere viaggiavano, i musei e le fondazioni che organizzavano mostre andavano a bussare e ottenevano prestiti importanti.

Ma oggi, trovare insieme 200 opere in 43 sale, su due piani - opere che rappresentano tutti i movimenti e gli artisti più significativi dell'arte europea e americana dal '45 ad oggi - significa portare in un sol colpo un pezzo di New York, di Londra e Berlino, sulla strada per Pieve Modolena, alla periferia di Reggio.

E' uno splendido regalo ai suoi concittadini, che potranno entrare gratuitamente, quattro giorni su sette previa prenotazione, per confrontarsi con l'arte contemporanea.

E' ciò che Maramotti voleva si realizzasse e che i suoi figli, a due anni dalla morte, portano a compimento affidando il tutto alle cure di Marina Dacci, responsabile di un museo di arte contemporanea che poche città  al mondo possono vantare.