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Camerieri made in Rimini, ormai valgono un patrimonio

Notizia pubblicata il 13 settembre 2009



Categoria notizia : Fatti Curiosi


È UNA RAZZA in estinzione, quella dei camerieri riminesi. «Andrebbe preservata e tutelata, come la mora romagnola...», scherza (ma non troppo) Gianfranco Simonetti. Il problema, con i camerieri, è che manca la materia prima. Non ci sono più ragazzi che abbiano voglia d’imparare il mestiere. Neanche tra chi (pochi) va ancora a fare la stagione.

«I nostri ragazzi non ne vogliono più sapere». Ma per i più bravi spesso si apre un vero «calciomercato»UN MESTIERE IN VIA DI ESTINZIONE E COSI’ RISCHIA ANCHE IL ‘MODELLO’ ROMAGNOLO

I dati di una recente indagine del Cescot, l’osservatorio della Confesercenti, in questo senso sono significativi. Nel 2007 più della metà degli ‘avviati’ al lavoro stagionale (il 52%) in alberghi, ristoranti e pubblici esercizi, non era residente nella provincia di Rimini. Di questi, due terzi erano stranieri. Numeri notevolmente cresciuti nelle ultime due stagioni: ormai oltre il 60% dei lavoratori stagionali o è straniero, o arriva a RiminI da altre parti d’Italia.
«E’ proprio così, e non c’è nulla da fare. Di riminesi che abbiano volontà e disponibilità per fare i camerieri ce ne sono sempre meno — conferma Gianfranco Simonetti, presidente di Confcommercio Rimini nonché proprietario del bar Turismo in piazza Tre Martiri — Nel mio stesso bar su 4 dipendenti 2 sono stranieri (un’albanese e una romena). Ed è la regola, non l’eccezione. E quei pochi riminesi che ancora si buttano a imparare il mestiere e magari diventano bravi, finiscono per essere contesi a suon di aumenti di stipendio, manco fossero calciatori...».
E’ successo allo stesso Simonetti, ‘scippato’ di uno dei suoi migliori camerieri.
NON E’ VERO, insomma, che i titolari di ristoranti, bar e hotel di Rimini preferiscano avere camerieri senza esperienza (spesso stranieri) per risparmiare. «Ce ne fossero di riminesi a servire ai tavoli — osserva il responsabile di Confesercenti Mirko Pari — Il fatto è che non ce ne sono più. Molti giovani che fanno la stagione, di fare i camerieri (anche solo 2 o 3 mesi mesi), proprio non ci pensano. Da qui la difficoltà a trovare personale, e il ricorso agli stranieri. Col risultato che non riusciamo più a trasmettere ai turisti quell’ospitalità che è stato la nostra bandiera per anni».
COME evitare di disperdere quel patrimonio di accoglienza e ospitalità, che avevano un tempo i nostri camerieri e baristi? «E’ quasi impossibile — incalza Simonetti — Purtroppo siamo destinati sempre di più a ‘spersonalizzarci’, e a perdere quelle che erano le nostre caratteristiche». Un modo per salvare la tradizione invece, secondo Pari, esiste: «Con la destagionalizzazione possiamo allungare i mesi di lavoro. In questo modo i giovani che cominciano a fare i camerieri hanno più garanzie, si sentono meno precari. Ma la cosa fondamentale è la formazione del personale. Noi, come Confesercenti, abbiamo già iniziato in primavera con alcuni corsi. Perché per essere bravi camerieri non basta essere professionali: serve un po’ di quella riminesità, di attenzione e di conoscenza del territorio, che ci distingue dagli altri».

foto by http://www.flickr.com/photos/giovy/