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Riapertura delle porte del Palazzo Fava in occasione della quinta edizione di 'Bologna si rivela'
Notizia pubblicata il 21 gennaio 2010
Categoria notizia : Cultura
Ad una settimana dalla riapertura delle porte del cinquecentesco Palazzo Fava, in occasione della quinta edizione di “B ologna si rivela”, abbiamo fatto un sopralluogo in via Manzoni, al civico 2, proprio di fianco al Museo Medievale, accompagnati dallo storico dell’arte della Fondazione Carisbo, Mirko Nottoli, dalla restauratrice Cristiana Todaro e dall’architetto Roberto Scannavini.
Tassello prestigioso del futuro Museo della Città, voluto e sostenuto da Fabio Roversi Monaco, Palazzo Fava è ancora un freddissimo cantiere anche se i lavori, afferma Scannavini, «dovranno essere terminati entro giugno». Parole confermate dallo stesso presidente della Fondazione di via Farini che qualche giorno fa aveva parlato di una inaugurazione prevista «in quattro o cinque mesi». L’edificio è stato sede dell’Istituto per i Beni culturali fino alla fine agli anni Settanta, poi è passato attraverso tre propietari privati, infine acquistato dalla Fondazione Carisbo da un immobiliarista romano.
Costato 13 milioni di euro (poco meno di 4 mila metri quadri la sua superficie), ne sono serviti altri 12 per il recupero architettonico («nonostante le apparenze, il palazzo era in crisi statica, dunque a rischio crollo» spiega Scannavini), per gli allestimenti (affidati allo studio di Michele De Lucchi che già si è occupato di San Giorgio in Poggiale in via Nazario Sauro) e per il restauro degli affreschi. I bolognesi non hanno la possibilità di vedere il palazzo dalla prima edizione di “Bologna si rivela” nel 2006, quando i lavori di restauro dovevano ancora cominciare (Palazzo Fava è impacchettato dal gennaio 2007).
Il 30 e il 31 gennaio, dunque, sarà un assaggio di quello che poi sarà un gioiello restituito alla città, all’interno di un percorso che comprende San Giorgio in Poggiale, San Colombano, la chiesa di Santa Cristina, Casa Saraceni, Palazzo Pepoli Vecchio di via Castiglione, la Chiesa di Santa Maria della Vita, San Michele in Bosco e la casa-laboratorio di Guido Reni in Palazzo de’ Bianchi che affaccia su piazza Maggiore .
La bellezza di Palazzo Fava è racchiusa nelle parole del critico d’arte Roberto Longhi secondo cui l’edificio si colloca di poco sotto la Cappella Sistina. Spettacolare, infatti, il ciclo di affreschi realizzati al piano nobile da Annibale, Agostino e Ludovico Carracci nel 1584, il cui restauro è stato affidato al fiorentino Opificio delle pietre dure in collaborazione con le Soprintendenze locali. Siamo nella magnifica sala di Giasone: i tre artisti dipingono l’a vventura degli Argonauti e la ricerca del vello d’o ro riuscendo a sintetizzare più scene in singoli riquadri. Una novità per l’e p oca. «Palazzo Fava - aggiungono Nottoli e Todaro - si trovava in una situazione conservativa disastrosa. Gli affreschi erano parzialmente coperti da tracce di colore e da imbiancature successive, la superficie era fortemente scurita.
Per questo si è trattato di un intervento particolarmente difficile». Del solo Ludovico Carracci, la sala di Enea, sempre al piano nobile, anche se in questo caso la data non è certa (si pensa di due o tre anni più tarda rispetto al 1584): qui sono dipinti i primi quattro libri del poema virgiliano in cui Enea intraprende il viaggio verso l’Italia. Appartengono di certo a Francesco Albani e a Bartolomeo Cesi gli altri affreschi nelle stanze attigue, mentre di paternità ancora incerta quelli che accolgono il visitatore terminata la scala al primo piano raffiguranti scene di caccia e pesca, databili - come riporta la data scoperta sul muro la scorsa estate - al 1583.
«La maestria è altissima - spiega Todaro - si pensa che possano essere dei Carracci stessi». Quel che sarà di Palazzo Fava, all’interno del percorso museale pensato da Roversi Monaco, è ancora incerto, ma alcune ipotesi sono state avanzate. Il piano terra, dove è stato recuperato il cortile d’o n ore, diventerà sede espositiva per mostre temporanee, il piano nobile sarà il cuore del palazzo: oltre ai Carracci, sarà esposto il patrimonio delle collezioni della Fondazione Carisbo con particolare attenzione al Novecento (da Marinetti a Balla, passando per Sironi, Carla Accardi fino all’ultimo Samorì), ma senza pestare i piedi al Mambo.
Al secondo piano saranno ricavati spazi polifunzionali oltre che altre sale per mostre, mentre il terzo piano ospiterà gli uffici del Museo della Città e la biblioteca dedicata al Rinascimento. Infine sarà ripristinata pure la specola, la torretta osservatorio simile a quella dell’u n i ve rsitaria Palazzo Poggi.
Ad una settimana dalla
riapertura delle porte
del cinquecentesco Palazzo
Fava, in occasione della
quinta edizione di “B ologna
si rivela”, abbiamo
fatto un sopralluogo in via
Manzoni, al civico 2, proprio
di fianco al Museo
Medievale, accompagnati
dallo storico dell’arte della
Fondazione Carisbo,
Mirko Nottoli, dalla restauratrice
Cristiana Todaro
e dall’architetto Roberto
Scannavini. Tassello
prestigioso del futuro Museo
della Città, voluto e
sostenuto da Fabio Roversi
Monaco, Palazzo Fava è
ancora un freddissimo
cantiere anche se i lavori,
afferma Scannavini, «dovranno
essere terminati
entro giugno». Parole confermate
dallo stesso presidente
della Fondazione di
via Farini che qualche
giorno fa aveva parlato di
una inaugurazione prevista
«in quattro o cinque
mesi». L’edificio è stato sede
dell’Istituto per i Beni
culturali fino alla fine agli
anni Settanta, poi è passato
attraverso tre propietari
privati, infine acquistato
dalla Fondazione Carisbo
da un immobiliarista
romano. Costato 13 milioni
di euro (poco meno di
4 mila metri quadri la sua
superficie), ne sono serviti
altri 12 per il recupero
architettonico («nonostante
le apparenze, il palazzo
era in crisi statica,
dunque a rischio crollo»
spiega Scannavini), per gli
allestimenti (affidati allo
studio di Michele De Lucchi
che già si è occupato
di San Giorgio in Poggiale
in via Nazario Sauro) e per
il restauro degli affreschi.
I bolognesi non hanno la
possibilità di vedere il palazzo
dalla prima edizione
di “Bologna si rivela” nel
2006, quando i lavori di
restauro dovevano ancora
cominciare (Palazzo Fava
è impacchettato dal gennaio
2007). Il 30 e il 31
gennaio, dunque, sarà un
assaggio di quello che poi
sarà un gioiello restituito
alla città, all’interno di un
percorso che comprende
San Giorgio in Poggiale,
San Colombano, la chiesa
di Santa Cristina, Casa Saraceni,
Palazzo Pepoli
Vecchio di via Castiglione,
la Chiesa di Santa Maria
della Vita, San Michele
in Bosco e la casa-laboratorio
di Guido Reni in Palazzo
de’ Bianchi che affaccia
su piazza Maggiore
.
La bellezza di Palazzo Fava
è racchiusa nelle parole
del critico d’arte Roberto
Longhi secondo cui l’edificio
si colloca di poco
sotto la Cappella Sistina.
Spettacolare, infatti, il ciclo
di affreschi realizzati
al piano nobile da Annibale,
Agostino e Ludovico
Carracci nel 1584, il cui
restauro è stato affidato al
fiorentino Opificio delle
pietre dure in collaborazione
con le Soprintendenze
locali. Siamo nella
magnifica sala di Giasone:
i tre artisti dipingono l’a vventura
degli Argonauti e
la ricerca del vello d’o ro
riuscendo a sintetizzare
più scene in singoli riquadri.
Una novità per l’e p oca.
«Palazzo Fava - aggiungono
Nottoli e Todaro - si
trovava in una situazione
conservativa disastrosa.
Gli affreschi erano parzialmente
coperti da tracce
di colore e da imbiancature
successive, la superficie
era fortemente scurita.
Per questo si è trattato
di un intervento particolarmente
difficile». Del solo
Ludovico Carracci, la
sala di Enea, sempre al
piano nobile, anche se in
questo caso la data non è
certa (si pensa di due o tre
anni più tarda rispetto al
1584): qui sono dipinti i
primi quattro libri del
poema virgiliano in cui Enea
intraprende il viaggio
verso l’Italia. Appartengono
di certo a Francesco Albani
e a Bartolomeo Cesi
gli altri affreschi nelle
stanze attigue, mentre di